Politica

Morti sospette in ospedale: libera l'infermiera di Piombino

La donna, sospettata di aver ucciso 13 pazienti, torna a casa. L'avvocato: «Il vero killer è libero»

Marco Gemelli

Tutto da rifare, o almeno da ricostruire con elementi probatori che possano davvero inchiodare il killer: la decisione del tribunale del Riesame di Firenze, che ieri pomeriggio ha rimesso in libertà l'infermiera toscana accusata di aver ucciso 13 pazienti dell'ospedale di Piombino, arriva come un colpo di scena a fiaccare l'impianto accusatorio della Procura di Livorno e dei carabinieri del Nas. Non appena avuta la notizia della revoca dell'ordinanza di custodia cautelare, la donna Fausta Bonino, 56 anni - è uscita dal carcere «Don Bosco» di Pisa, dove si trovava rinchiusa da tre settimane. È stata il suo avvocato a comunicarle la decisione dei giudici, che hanno rigettato le richieste del gip, e poco dopo la donna ha telefonato al marito per farsi venire a prendere. All'uscita del carcere, Fausta Bonino si è presentata con la sigaretta in mano, l'aria stanca, una maglia di lana grigia e bianca e un borsone con gli effetti personali tenuti in cella. Ad attenderla il marito Renato di Biagio e uno dei figli, ma nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni. Ha parlato invece l'avvocato Cesarina Barghini, che ha sottolineato come il tribunale non abbia ancora notificato alcuna misura cautelare: «È stata fatta la cosa giusta. Sono soddisfatta soprattutto perché in questo modo sarà più facile affrontare tutto ciò che abbiamo davanti. Ora però qualcuno dovrà pagare per questa ingiusta detenzione, per un arresto che non aveva motivo d'essere». Restano da capire, dunque, le motivazioni con cui i giudici fiorentini hanno annullato il provvedimento del gip Antonio Pirato che il 4 aprile aveva respinto la richiesta di scarcerazione o, in subordine, dei domiciliari: tra le ipotesi più plausibili, in attesa che siano rese pubbliche le carte, c'è quella che a carico della donna non vi fosse un numero sufficiente di indizi o che non fossero tali da giustificare la custodia in carcere.

Dal canto suo, davanti agli inquirenti Fausta Bonino ha sempre sostenuto la sua totale innocenza, giurando «sul marito e sui figli» di non aver ucciso nessuno. Gli investigatori restano convinti che dietro la morte di tredici pazienti tra i 61 e gli 88 anni deceduti tra il 2014 e il 2015 nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Villamarina di Piombino ci sia la mano di un assassino seriale: la donna era finita in cella proprio con l'accusa di aver provocato la morte di quei pazienti - ricoverati nel reparto in cui lavorava con iniezioni di eparina, farmaco non prescritto per la cura delle vittime. Come sostiene l'avvocato della donna, «l'assassino è fuori, chi indaga dovrebbe cercarlo». Nel frattempo, l'assessore toscano alla Sanità Stefania Saccardi ha illustrato i primi risultati della Commissione d'indagine regionale. Nel reparto di anestesia e rianimazione dell'ospedale ha spiegato esistevano delle criticità sotto il profilo organizzativo e della gestione del rischio clinico.

Il reparto doveva in qualche modo rendersi conto che sei morti in cento giorni alla fine del 2014 erano qualcosa di anomalo.

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