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Il muro di Trump in Messico per ora blocca solo gli Usa

Il no del Senato a finanziarne la costruzione provoca lo «shutdown». Un quarto dell'amministrazione ferma

Il muro di Trump in Messico per ora blocca solo gli Usa

L'America si spegne. Almeno in parte. Chiusi musei e parchi, sospesi i processi civili, sanità a scartamento ridotto. Colpa dello shutdown, il blocco amministrativo scattato alla mezzanotte tra venerdì e ieri a causa della mancata approvazione al Senato del controverso stanziamento di 5,7 miliardi di dollari per la costruzione del muro al confine con il Messico. Una misura fortemente voluta da Donald Trump e sulla quale il tycoon si gioca un pezzetto della sua faccia.

Lo stallo in Senato era piuttosto prevedibile. I Repubblicani infatti dispongono di una maggioranza risicatissima (51 senatori su cento) comunque inferiore alla soglia di 60 voti necessario per l'approvazione. Il Senato ha approvato una versione «depurata» della legge di bilancio, esattamente identica a quella obliterata dai colleghi deputati ma senza i fondi per il muro che i democratici vedono come il fumo negli occhi.

Nove sono i dipartimenti governativi, oltre a decine di agenzie, tra le quali quelle che gestiscono la sicurezza interna, le forze dell'ordine, la raccolta delle tasse, i trasporti e i parchi nazionali, che rischiano di bloccarsi del tutto o in parte per lo shutdown. E sono circa 800mila su un totale di 2,1 milioni i dipendenti federali che subiranno serie conseguenze. Almeno 380mila soffriranno di una «disoccupazione tecnica», tra i quali il 95 per cento degli impiegati della Nasa e del ministero per la Casa, e 52mila che lavorano ai servizi fiscali. Per loro una vacanza prenatalizia imprevista e chissà quanto gradita. Altri 420mila lavoratori pubblici, quelli demandati a servizi ritenuti essenziali, lavoreranno senza essere pagati, almeno non nell'immediato. Tra essi - e per l'amministrazione Trump è quasi una nemesi - anche i 150mila dipendenti della Sicurezza interna, da cui dipende anche la polizia di frontiera. Poi gli agenti dell'Fbi e dell'agenzia antidroga.

Pagheranno pegno anche i turisti, visto lo stand by scattato anche al ministero dell'Interno, che gestisce i parchi nazionali come il Grand Canyon, peraltro molto visitati proprio durante le feste. Alcuni di essi potrebbero esporre il cartello «chiuso», altri potrebbero non garantire servizi essenziali come bar, negozi, bagni. Possibile anche la chiusura della Statua della Libertà e dello Smithsonian Museum di Washington.

I cittadini americani sono infastiditi ma anche abituati ai blackout da budget. L'ultimo si è verificato undici mesi fa, nel gennaio 2018 ed è durato tre giorni. Il precedente risale all'ottobre 2013, durante l'amministrazione Obama, durò 16 giorni, non lontano dal record di 21 a cavallo tra il 1995 e il 1996.

«Sono pronto a un lungo blocco», aveva detto qualche giorno fa un battagliero Trump. Che ha subito a sua volta un piccolo shutdown, quello delle proprie vacanze. La first lady Melania e il figlio minore Barron sono andati da soli a Mar a-Lago, la principesca villa a Palm Beach in Florida. A tenere il presidente inchiodato allo studio ovale, oltre al muro, anche il dossier Siria. Ieri Trump ha incassato l'addio dell'inviato Usa presso la coalizione anti-Isis Brett McGurk, in disaccordo con la decisione di abbandonare la Siria, ma ha confermato che «ora l'Isis è in gran parte sconfitta e altri Paesi dell'area, compresa la Turchia, dovrebbero riuscire facilmente a occuparsi di quel che ne rimane».

In un altro tweet il presidente ha detto che «le notizie riguardanti lo shutdown e la Siria sono in gran parte FALSE. Stiamo negoziando con i Democratici sulla disperatissima situazione della sicurezza delle frontiere ma potrebbe essere una cosa lunga».

Lunga quanto, è il dubbio che gli americani si porteranno sotto l'albero.

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