Politica

Musy forse ucciso su commissione

Due anni dopo l'assassinio del consigliere comunale spunta la pista di una faida che porta in Calabria

Un giallo intricato, un'indagine prima disperata poi una serie di svolte, vere e presunte. L'ultima è emersa ieri, nel corso di un'udienza del processo al presunto assassino del consigliere comunale Alberto Musy, ucciso sotto casa a Torino nel marzo 2012: secondo l'accusa potrebbe trattarsi di un omicidio su commissione.

Per ora si tratta soltanto di una ipotesi, avanzata dalla procura sulla base di una intercettazione telefonica, ma che potrebbe portare ad una svolta - l'ennesima in questa intricata vicenda - se gli accertamenti della polizia dovessero portare a ritenerla attendibile. Il colpo di scena oggi durante il processo a Francesco Furchì, il faccendiere accusato di essere l'uomo col casco che il 21 marzo 2012 sparò al consigliere comunale, morto poi dopo 19 mesi di coma. In avvio dell'udienza il pm Roberto Furlan ha prodotto la trascrizione di un dialogo tra Felice Filippis, amico di Furchì, e sua moglie. I due sono stati sorpresi, lo scorso ottobre, a parlare di una somma di 30mila euro che sarebbe stata versata sul conto di Caterina Furchì, sorella dell'imputato. I coniugi Filippis - protagonisti di un'altra intercettazione in cui l'uomo si lascia andare a un «Se parlo io quello si fa cent'anni» - parlano anche di una pistola e di una seconda arma. La donna dice che «una pistola è stata riportata in Calabria» e che «l'assassino se ne è liberato subito». Secondo l'accusa è possibile che qualcuno dalla Calabria abbia commissionato l'omicidio, in cambio di 30mila euro a Furchì, che quindi sarebbe soltanto l'esecutore materiale del delitto. La Corte d'assise, presieduta dal giudice Pietro Capello, ha disposto accertamenti sul conto corrente bancario di Caterina Furchì allo scopo di capire la provenienza della somma. La donna, che potrebbe essere chiamata a testimoniare nel corso della prossima udienza, non ci sta. «Sono disgustata - dichiara, mentre è tra il pubblico del processo -. Ora si inventano anche questo perchè non hanno neanche una prova. I 30mila euro sul mio conto ci sono, ma non riguardano certamente questa vicenda». Intanto i difensori dell'imputato protestano davanti alla Corte d'assise per quella che ritengono «una violazione inammissibile del diritto di difesa». Secondo gli avvocati Maria Battaglini e Mariarosaria Ferrara, il fascicolo aperto dalla procura contro ignoti su un eventuale complice di Furchì nell'attentato a Musy consentirebbe all'accusa di indagare sul loro cliente a processo aperto e, per questo motivo, hanno espresso il loro disappunto. «Dicono di indagare su altri - sostengono - quando in realtà continuano a farlo sul nostro cliente».

All'indomani della morte del marito, la moglie di Alberto Musy si sfogò in un comunicato: «Piango Alberto, un uomo giusto che ci insegnava a non avere paura del futuro, che era capace di dare speranza».

La speranza è che almeno ora, da morto, gli sia resa la giustizia che merita.

Commenti