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Nasce Democratici e Progressisti: si iscrive anche Errani Ma la sigla «Dp» scatena subito le gag

Speranza recita l'articolo 1 della Carta, mentre sul web proliferano le battute: da «Depressi e Piangenti» a «Du' Palle»

Nasce Democratici e Progressisti: si iscrive anche Errani Ma la sigla «Dp» scatena subito le gag

Roma C'è più di un vorrei ma non posso, nel cuore buttato oltre l'ostacolo, oltre Speranza, verso orizzonti Rossi e trasparenzi; acque chiare e fresche di fonte rinnovata e ripulita. Una semplice, liquida, elementare fin che si vuole, voglia di ber sani. Senza appesantirsi o pagare dazi alla cefalea. Senza che il Podemos svolazzi senza un più greve Debemos.

Eppure il quel nome scelto senza il guizzo dell'illuminismo; in quella burocratica elencazione del chi siamo, senza ancora sapere dove andiamo, sembra nascondersi il vizio dell'origine, di una casa madre e matrigna allo stesso tempo, verso la quale si ritornerà, ma chissà quando, e dunque nel frattempo è solo da passà 'a nuttata: una traversata nel deserto nella buia notte dell'Occidente. Derisi e Polverosi, ma con la certezza d'Errani sulla strada della giustizia (così ieri s'è unito alla carovana anche il commissario del terremoto, già governatore d'Emilia). «Democratici e Progressisti»: un Movimento è stato detto, eppure manca proprio il moto, l'azione, lo slancio. «DP» è un marchio allo stesso tempo comune e rovesciato, sarà da premessa il contrario del Pd che conosciamo (sarebbe ora, sarebbe bello), ma già per questo il Movimento è di sicuro votato anzi condannato a viver di riflesso, di rimandi, di opposizione (con o senza Speranza). Resterà un'eco lontana e sfondata, quella della «Democrazia Proletaria» del tempo che fu, e che non tornerà. Mentre salaci e mendaci cugini del Nazareno attuale già si accaniscono in contumelie, nient'affatto ancora meritate, giocando su facili assonanze e su pronostici menagrami. Nel regno dell'internauta ha dunque luogo il mesto proliferare di «Depressi e Piangenti», «Du' Palle», «Divisi e Perdenti». Ma questo si vedrà, perché l'asticella elettorale potrebbe trovare in «DP», nei Derisi Politici, anche la fatalità di un ribaltamento felice, di un contenitore capace di Dare Pisapia che, come ognun sa, è quel toccasana che ogni Speranza porta via.

Come prenderlo, allora il presagio del nome scelto per ripiego e rinnego? Questo Ulivo due, la vendetta che mette assieme nell'assalto web D'Alema e Prodi, eterni contendenti scalzati dal ragazzino bugiardo e impenitente, però finalmente convolati in vecchiezza a giuste nozze per l'avvenire. Forse è questo sentore d'antico che ha avvertito in cuor suo Emiliano, quando s'è eclissato tosto. Anche perché in quel caso sarebbe finita in DEP o PED (l'onomatopeia ne avrebbe risentito). Intanto c'è già un raggruppamento calabrese colto dal raptus del plagio (lista di sostegno all'attuale governatore Mario Oliverio, varata nel 2014). Malanno di stagione che affliggerà il nuovo Movimento di fronte a chiunque possa vantare il copyright di un acronimo così comune da risultare anonimo, scialbetto, o forse furbetto nello scampare a pesi importanti quali il Socialismo o il Laburismo. «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»: questo è l'art. 1 della nostra Carta amatissima, difesa con i denti dall'assalti del volgare fiorentino, e ha perfettamente ragione il capogruppo Speranza a richiamarsi a essa come programma. Lì dentro c'è tutto, persino la predizione sovranista, un populismo che non fa paura perché la Carta ne contiene forme e prescrive limiti. E si parte dal Lavoro, perché nobilita l'uomo (pure la donna). Concede identità e, magari, anche integrazione. Un programma politico compiuto, e peccato che i Democratici erano in fondo quelli dell'Asinello e i Progressisti quelli finiti in forno con l'Occhetto.

Di sbagliato c'è che Speranza ha detto di considerarlo un «logo» e, per quanto originale sia, qui si rischia l'asfissia.

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