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La nave ferma a 16 miglia da Lampedusa ora è pronta a un nuovo braccio di ferro

L'imbarcazione ha rifiutato di dirigersi verso Tunisi che aveva dato l'ok

La nave ferma a 16 miglia da Lampedusa  ora è pronta a un nuovo braccio di ferro

Prima chiede un porto sicuro a Tripoli, poi si rifiuta di andarci, poi si ridirige verso Malta, infine verso l'Italia. Il gioco di Sea Watch è chiaro, come lo è sempre stato: vuol tornare con le altre Ong che operano nel Mediterraneo a fare ciò che vuole, di fatto favorendo i trafficanti di esseri umani. L'annuncio è arrivato ieri dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini: «Niente Malta - ha dichiarato - Sea Watch ha cambiato nuovamente rotta: ciondola nel Mediterraneo e gioca sulla pelle degli immigrati, nonostante abbia chiesto e ottenuto un porto da Tripoli. Stiamo assistendo all'ennesima sceneggiata: dicono di essere i buoni, ma stanno sequestrando donne e bambini in mezzo al mare. Per loro, porti chiusi».

Il fatto è che l'equipaggio della nave del soccorso se ne è infischiato di ogni dettame, contravvenendo a qualsiasi ordine gli sia stato dato. In primis non rispettando la diffida di stare a distanza dalle acque italiane. Supportata dai magistrati conniventi, persino dall'Ue e, forse, da quei poteri forti che hanno interesse a far sbarcare i migranti, per lo più economici e provenienti da Paesi non a rischio, spavalda, la Ong ha nuovamente usato la sua consueta prepotenza in nome dei «poveri immigrati». La storiella è sempre la stessa, insomma, nonostante le leggi del mare parlino chiaro: se sei in acque Sar di un Paese, peraltro riconosciute a livello internazionale e quel Paese ti indica il porto di sbarco, tu lì devi andare e non disobbedire agli ordini solo per far dispetto al ministro Salvini.

Il Viminale, questo è certo, non concederà il porto sicuro per far sbarcare i 53 migranti soccorsi in acque libiche. Nonostante il comandante della Sea Watch abbia tuonato: «La Libia non è un porto sicuro» e abbia deciso di dirigersi con arroganza verso Lampedusa. Un braccio di ferro che sicuramente sarà scardinato da un nuovo intervento della magistratura, che farà scendere i migranti, sequestrerà la nave e poi la dissequestrerà alla prima occasione, in nome di un'escamotage che vale a ogni costo, pur di ottenere il risultato.

«Abbiamo fatto rotta a nord - ha comunicato la Ong -, verso il porto sicuro più vicino alla posizione del soccorso: Lampedusa. Restiamo in stand by a circa 16 miglia dall'isola», nonostante in un primo momento si fosse diretta verso Malta.

Peraltro, intorno all'imbarcazione si trova «un'allegra pattuglia di barche a vela, due o tre di un'altra Ong tedesca», ha fatto sapere Salvini.

Peraltro, i 53 migranti attualmente a bordo di Sea Watch non sono stati recuperati in situazione di emergenza, ma in regolare navigazione, mentre si trovavano a bordo di un natante dotato anche di carburante.

Sea Watch, però, posta le loro foto a bordo, cercando di farli passare per poveri naufraghi. Il tutto mentre in Italia ci si chiede perché la Ong, anziché dirigersi verso la Tunisia, si sia diretta verso l'Italia. Tunisi è ritenuto porto sicuro, ma evidentemente qualcuno ha interesse a far sbarcare i migranti nel Bel Paese e questo lo hanno capito Salvini e tutti gli italiani.

ChGi

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