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Nel decreto batosta da un miliardo ma le banche per ora non protestano

I big del credito evitano allarmi e cercano il dialogo con Tria

Nel decreto batosta da un miliardo ma le banche per ora non protestano

Un faccia a faccia di due ore tra il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, e i rappresentanti delle big del credito. L'occasione per illustrare la parte della manovra che impatterà sul sistema bancario l'ha offerta il comitato esecutivo dell'Abi, l'associazione che riunisce gli istituti italiani, programmato già da luglio. Ma non ci sono stati né voti, né promozioni, né tantomeno bocciature.

Tria ha parlato dell'impostazione della legge di bilancio, «che è orientata alla crescita e dovrà essere bene spiegata in sede europea», ha commentato il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, aggiungendo che «non è una stangata: ci sono alcuni provvedimenti per i quali dovremo poi vedere quali sono le portate ma il ministro non si è soffermato su questi aspetti tecnici». Il presidente di Intesa ha poi rassicurato i correntisti delle banche italiane: «Sono clienti delle banche e le banche sono in una situazione molto rafforzata rispetto al passato. Si è dimezzato lo stock delle sofferenze nette negli ultimi diciotto mesi, è aumentata la capitalizzazione delle banche, si è fatta pulizia dei bilanci, l'afflusso di nuovi crediti deteriorati è sceso al livello che aveva prima della crisi. Quindi stiamo tranquilli». Tradotto: abbiamo le spalle abbastanza larghe per evitare che a pagare il conto siano i nostri clienti.

Anche tra gli altri banchieri presenti all'incontro la parola d'ordine è: prudenza. Rimandando ogni valutazione a valle dell'esame dei testi di legge. A cominciare dal presidente dell'Associazione, Antonio Patuelli, che preferisce aspettare «articoli e commi. Finché non ci sono quelli non si possono giuridicamente pesare», ha detto dopo l'incontro. Idem per l'ad di Ubi, Victor Massiah: «La studiamo e poi commentiamo».

Perché tutta questa tranquillità? Secondo alcuni osservatori, i banchieri si aspettano che i provvedimenti sul settore verranno «aggiustati» e alleggeriti nella versione finale, dopo il vaglio del Parlamento e i conseguenti emendamenti. I numeri contenuti nelle tabelle inviate a Bruxelles, infatti, non sono ancora definitivi. La presenza del ministro è stata letta dai banchieri non solo come un gesto di cortesia, ma anche di apertura al dialogo, e dunque alla mediazione. Altri pensano, invece, che i banchieri abbiamo messo il silenziatore alle reazioni per non innervosire il mercato. In Piazza Affari il titolo Intesa ha ceduto l'1,14%, Unicredit ha guadagnato lo 0,32% e Ubi lo 0,2 per cento. Nessuno scossone, quindi per il comparto.

Soltanto alcuni provvedimenti previsti sono stati resi noti: una misura da 1,1 miliardi sul trattamento fiscale delle svalutazioni di crediti dovute all'applicazione del nuovo principio contabile (Ifrs9) e il differimento della deduzione di svalutazioni e perdite su crediti per circa 900 milioni. Si parla poi di generici «interventi fiscali sulle banche» per circa 1,3 miliardi.

La stretta, quindi, al momento non si traduce in un aggravio d'imposta, ma in diverse modalità della deducibilità delle svalutazioni e perdite sui crediti (differite dal periodo d'imposta in corso al 2026).

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