Elezioni Regionali 2018

Nel Lazio ok all'accordo con Zingaretti Ma scoppia il caso Boldrini: ci indebolisce

Lo sbarramento e le chance di vittoria spingono i bersaniani a sostenere il governatore uscente. Fassina contro la presidente della Camera: è anti M5s

Nel Lazio ok all'accordo con Zingaretti Ma scoppia il caso Boldrini: ci indebolisce

Roma Il nodo alleanze nel Lazio si scioglierà ufficialmente solo oggi con il voto dell'assemblea regionale di Liberi e uguali, ma il governatore uscente Nicola Zingaretti è relativamente tranquillo.

Ieri Leu ha conferito un «mandato pieno» a Pietro Grasso, che evidentemente non è occupatissimo, per «portare i punti programmatici ad un confronto serrato con Zingaretti». «Se li accetterà lo sosterremo», annota Grasso. Al di là del gergo da occupazione universitaria, il significato è chiaro: nel Lazio la sinistra radical vuole salire sul carro del governatore uscente, linea del resto già dettata ai suoi da Roberto Speranza per conto di D'Alema.

Del resto alla Pisana il partitino degli scissionisti di Mdp è rimasto in maggioranza, e un pezzo degli ex Sel, con il vice presidente della Regione Massimiliano Smeriglio, fa una lista autonoma a sostegno di Zingaretti. Il gruppo bersanian-dalemiano spinge per l'alleanza, e se ne occupa da settimane proprio Speranza (anche se ufficialmente, per dargli un ruolo, l'incarico è stato dato a Grasso), per due ordini di motivi: intanto, il governatore ha al suo attivo una legislatura di buon governo (è riuscito a far uscire la Sanità laziale da un decennale commissariamento, ha migliorato i trasporti rinnovando tutta la flotta dei treni pendolari e dei bus Cotral) e dunque buone possibilità di vittoria, e se Liberi e uguali riuscissero ad avere un risultato elettorale decente potrebbero ragionevolmente chiedere di incassare qualche posto nella giunta o nel sottogoverno regionale. A differenza della Lombardia, dove lo sbarramento è alto (5%) e Leu è ad alto rischio di restare fuori dal Consiglio regionale (e il Pd userà questo argomento per chiedere il «voto utile» all'elettorato di centrosinistra), nel Lazio basta il 2,5% per avere eletti.

La seconda ragione è tutta politica, e serve a Grasso e Bersani a salvare la faccia: visto che il no all'alleanza con il renziano Giorgio Gori è scontato, il sì a Zingaretti serve a crearsi un alibi con chi, da Prodi a Camusso a Veltroni, si è mobilitato per l'intesa, e a mitigare i colpi di chi, a cominciare da Matteo Renzi, accuserà gli scissionisti di lavorare con l'unico obiettivo di far perdere il Pd e far vincere i suoi avversari. Del resto Zingaretti non è mai stato un renziano, si è tenuto fuori in questi anni dalle diatribe interne al partito, ha coltivato in regione buone relazioni con la sinistra, e dunque sostenerlo alle Regionali è più facile per gli acerrimi nemici del leader dem.

In realtà, però, la Leu di Bersani e D'Alema è divisa anche nel Lazio: gran parte di Sinistra italiana voleva la corsa in solitario pure qui, per segnare l'irriducibile distanza dal mondo Pd, tanto che era stato messo in pista il nome di un candidato alternativo a Zingaretti: niente meno che Paolo Cento, ex Verde di lotta che si divide tra centri sociali e stadio. Che infatti ieri sera avvertiva: «Non date per scontata una conclusione pro Zingaretti». Anche Stefano Fassina è stato uno dei leader della resistenza a Zingaretti, e ieri si è scatenato anche contro Laura Boldrini, rea di aver detto (smentendo la linea Bersani-Grasso) che con i Cinque Stelle sarebbe impossibile fare accordi di governo. Per Fassina, le posizioni antigrilline della presidente della Camera «rischiano di indebolire il senso politico del nostro progetto e, inevitabilmente, le nostre prospettive elettorali. Le nostre relazioni politiche post elezioni saranno basate sul programma», dunque porte aperte a Di Maio.

Ma nell'assemblea Leu del Lazio i numeri sono a favore di Mdp.

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