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Ma nel toto governo è sfida tra pm e avvocati

L'ala manettara vuole una toga in via Arenula, i garantisti frenano

Ma nel toto governo è sfida tra pm e avvocati

Roma - Nascondere un altro polverone sotto la toga, ora il rischio è concreto. Il Movimento Cinque Stelle spinge per chiudere sulla legge elettorale e uno dei suoi leader, Luigi Di Maio, sembra ormai il candidato premier. Così è partito il toto-ministro pentastellato. E già ci si spacca su un dicastero chiave, quello della Giustizia. Da una parte c'è la fazione più «manettara», quella dei grillini della prima ora, dei «vaffà» e dei tutti a casa. Loro sognano un magistrato in via Arenula. E poi c'è quella più garantista, nata decisamente dopo, ma ormai in forte crescita, venuta allo scoperto dopo le vicende giudiziarie che hanno iniziato a coinvolgere anche gli amministratori pubblici del Movimento, in particolare la sindaca di Roma Virginia Raggi e il suo collega livornese Filippo Nogarin. Loro preferirebbero un politico, magari un avvocato.

Ai manettari i candidati non mancano. L'ultimo si è proposto due giorni fa, è Nino Di Matteo, pubblico ministero palermitano. Che si candida ufficialmente per il ministero di via Arenula. O in alternativa potrebbe finire all'Interno. La sua adesione arriva mercoledì pomeriggio al convegno sulla giustizia, organizzato dal M5s alla Camera. Un appuntamento utile anche per capire aspirazioni e scontri interni. Le parole dell'arruolabile Di Matteo arrivano subito dopo il no deciso di Raffaele Cantone, un altro magistrato caro ai discepoli di Beppe Grillo.

Più da decifrare la risposta di Piercamillo Davigo, che 25 anni fa fu il «Piercavillo» del pool Mani Pulite e ha da poco lasciato la poltrona di presidente dell'associazione nazionale magistrati. Davigo non farebbe il Guardasigilli del primo governo Di Maio. Andrebbe oltre: sostituendo all'esecutivo Di Maio un primo governo Davigo. In questo caso al ministero della Giustizia potrebbe finire un'altra toga graditissima a Grillo, il magistrato antimafia Sebastiano Ardita, già ospite l'8 aprile scorso al Gianroberto-Day di Ivrea, estensore di articoli sul blog del comico leader. Ipotesi, perché il percorso è più complicato, il «grosso guaio al Campidoglio» fa pendere qualche forcaiolo verso un nuovo approccio più garantista. Che vedrebbe così un altro candidato, guarda caso seduto al fianco di Di Maio, al solito convegno di mercoledì: è Alfonso Bonafede, deputato, avvocato, l'uomo che ha messo in riga la giunta Raggi. Bonafede sarà Guardasigilli, non più ministro delle Riforme Istituzionali, dove invece potrebbe finire Danilo Toninelli, deputato. «Ma se non ci sarà questo ministero nel nostro governo», ammonisce Toninelli. Non ci sarà, pare, neppure il dicastero della Democrazia Diretta. E allora Riccardo Fraccaro, altro grillino in costante ascesa, potrebbe finire al ministero dello Sviluppo Economico. Con Manlio Di Stefano alla Farnesina e ovviamente Alessandro Di Battista vicepremier. «Entro l'estate ci saranno le primarie per scegliere il candidato premier e pure le parlamentarie e la squadra di governo sarà presentata e votata prima», dice Di Maio. Che crede nella sua investitura ufficiale e spera così di superare un grosso problema della prima importante esperienza di governo grillino: l'incapacità di costruire una squadra di governo. Quella che si continua a verificare a Roma, spaccata tra mille correnti, in cerca di un assetto definitivo e che presto potrebbe sostituire Massimo Colomban, assessore alle Partecipate.

Quella che si sta vedendo già oggi sul caso Guardasigilli.

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