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Nella corsa ai supervitalizi rivive la sfida tra Dc e Psi

Gli anni del duello tra Scudocrociato e Garofano sono lontani: ora gli ex big si fronteggiano a suon di pensioni

Nella corsa ai supervitalizi rivive la sfida tra Dc e Psi

Roma - Poco più di un anno fa, il 14 aprile 2014, il sindaco di Roma Ignazio Marino ha officiato un matrimonio in Campidoglio. Si trattava di nozze «speciali»: lo sposo era l'ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino. A fargli da testimone l'ex ministro socialista Gianni De Michelis, autore del bestseller Dove andiamo a ballare stasera? , una guida alle migliori discoteche italiane di fine anni '80. Ah, gli anni '80! Duran Duran contro Spandau, Juve contro Roma e Dc contro Psi per una poltrona in più. A oltre trent'anni di distanza l'elenco dei vitalizi della Camera testimonia - con i suoi conti pesanti - un passato di grandeur e di viveur che non tornerà più.

Il conto previdenziale di De Michelis a Montecitorio è in rosso per circa 600mila euro. Di lui tutti ricordano la passione per il ballo e per le belle donne perché rappresentava l'anima gaudente di un Partito socialista che «rompeva» gli schemi del grigiore burocratico comunista e dell'ossequioso contegno da sagrestia della Dc. Pochi ricordano che De Michelis fu il ministro del Lavoro che tagliò un punto di contingenza della scala mobile, fermando la spirale inflazionistica col contributo del giovane economista Renato Brunetta, l'attuale capogruppo alla Camera di Forza Italia. Anche Cirino Pomicino (-111mila euro il saldo negativo pensionistico) era un democristiano sui generis. Capo degli andreottiani napoletani, era soprannominato o' ministro: negli ultimi governi del Divo Giulio fu prima alla Funzione pubblica e poi al Bilancio. Nella legislatura 1983-87 fu presidente della commissione Bilancio della Camera, che per i suoi nemici diventò lo «sportello Pomicino» per l'abilità del politico nell'inzeppare di emendamenti di spesa ogni manovra.

I comunisti non lo avevano in gran simpatia e, con l'appoggio della sinistra Dc, iniziarono il tiro al bersaglio. Fu il loro collega Guido Bodrato (un milione il suo «buco», pubblicato sabato) a coniare l'epiteto «banda dei quattro» per commentare l'operato dei ministri Pomicino, Gianni Prandini (-985mila euro di sbilancio e 5 milioni di euro di sanzione dalla Corte dei Conti per gli appalti a trattativa privata gestiti quando era ai Lavori pubblici), Carmelo Conte (-988mila) e Francesco De Lorenzo (-620mila). A Napoli, invece, era «il viceré», luogotenente andreottiano e concertatore politico assieme al liberale De Lorenzo e al socialista Giulio Di Donato (-480mila). Un'impresa non facile considerato lo strapotere della corrente democristiana di Antonio Gava nel capoluogo.

Certo, alla storia sono passati e passeranno i protagonisti come Ciriaco De Mita (-126mila), uno dei pochi a tenere insieme segreteria di partito e premiership come oggi fa Matteo Renzi. Passerà alla storia Arnaldo Forlani (-1 milione il suo conto previdenziale) che, alleandosi con Andreotti e Craxi, chiuse il periodo delle svolte a sinistra segnando anche la fine della Prima Repubblica. Passerà alla storia Claudio Martelli (-934mila), numero due di Bettino per oltre un decennio ma anche Bruto nell'ora fatale.

Però quello che oggi tocchiamo con mano sono i Pomicino, i De Michelis e gli Ugo Intini (-225mila euro) che sono riusciti a traghettarsi fino ai giorni nostri sopravvivendo alle macerie di Tangentopoli al punto che la riforma dei vitalizi su base penalistica li lascerà intatti. Loro hanno passato il confine spazio-temporale. Salvatore «Rino» Formica (-977mila euro), socialista e plenipotenziario di Bari nonché ex ministro delle Finanze, invece non ha partecipato alla Seconda Repubblica. Di lui sopravvivranno i giudizi tranchant. Il democristiano Andreatta (il deus ex machina di Prodi, ndr )? «Una comare di Windsor». La politica? «Sangue e merda». Un suo collega dei bei tempi, invece, è ancora nel pieno dell'attività politica. È il craxiano torinese Giusi La Ganga (-936mila euro). Da circa due anni ha di nuovo un ruolo: è consigliere comunale del Pd a Torino, è subentrato a un collega e sostiene il sindaco Fassino. Ha pure aperto un bar che ospita un circolo del Partito democratico. Ha saputo cogliere appieno lo Zeitgeist . Come ha detto Cirino Pomicino: «Apprezzo molto Renzi perché è la vendetta della storia». Quello che i magistrati con zelo giacobino avevano rottamato piano piano sta ritornando, indossando i vestiti nuovi del renzismo.

(8 - continua)

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