Cronache

Nell'estate della grande siccità si coltiva il riso senz'acqua

La pacciamatura consente di "salvare" il 50-60% delle risorse idriche. È sufficiente coprire i campi con un telo

Nell'estate della grande siccità si coltiva il riso senz'acqua

Più di due miliardi di euro. Coldiretti aggiorna i dati in tempo (quasi) reale e il contatore continua a correre in questa estate 2017 che andrà archiviata alla voce «siccità prolungata»: precipitazioni crollate del 42%, temperature più alte di 1,2 gradi. Il Po è oltre 2,5 metri sotto il suo livello abituale, i laghi si asciugano e, a monte, i ghiacciai spariscono, lentamente (neanche troppo) e inesorabilmente. In mezzo ci sono campi. Ettari ed ettari di coltivazioni che nella Pianura Padana sono principalmente mais, soia e riso. E in un'annata come questa rischiano di bruciarsi, lasciando gli agricoltori con in mano un pugno di sabbia, i banchi dei mercati pieni per metà e conseguente aumento dei prezzi.

Se l'acqua scarseggia, bisogna cominciare a risparmiarla. Per produrre un chilo di riso non serviranno 3.400 litri di d'acqua - come da polemica che ha contrapposto di recente ambientalisti e agricoltori - ma in ogni caso si può fare meglio. Non è un caso che India e Cina, due dei massimi produttori mondiali di riso, con gli stessi problemi di crisi idrica italiani, stiano tentando da anni strade alternative all'allagamento dei campi, sfruttando terreni più arricchiti. Anche nel nostro piccolo, c'è qualcuno che qualcosa prova a cambiare. Si chiama pacciamatura, è una tecnica agronomica antica. Consiste nel coprire il terreno da coltivare con un telo. Usata da sempre nella produzione di ortaggi, dagli anni '80 viene praticata con teli oxofotodegradabili (si decompongono con ossigeno e luce). Nell'ultimo decennio hanno preso piede i materiali compostabili - amido di mais e acido polilattico. Il Nord Europa, che ha problemi di temperature al suolo, la utilizza per tenere al caldo i campi. Da noi, da tre anni a questa parte, viene utilizzata per ottenere un prodotto biologico di alta qualità. E, sorpresa, garantisce un risparmio di acqua nella produzione del riso pari al 50-60% del totale utilizzato. Nel caso del mais, poi, consente di avere una produzione garantita anche nelle zone, come la bassa Pianura Padana, dove l'irrigazione è più complicata a e in quelle dove l'acqua di irrigazione non è presente. E la copertura del terreno preserva le colture dall'attacco di funghi e della piralide, i nemici del raccolto.

«Il telo riduce le perdite per evaporazione, il terreno resta soffice e le radici della pianta lavorano al meglio nel sottosuolo per cercare l'acqua» spiega Samuele Peduzzi, della Balzaretti Agribusiness srl di Vercelli, una delle tre aziende italiane che, al momento sta sperimentando questa nuova soluzione. «Un altro vantaggio è quello dell'anticipo del ciclo di coltura di due-tre settimane. In un anno come questo si riesce a evitare la fioritura del mais nel mese di luglio, il più secco per definizione, risparmiando altra acqua». In totale, sono circa 500 gli ettari di terra coltivata per colture estensive con la pacciamatura in Italia. E i risultati sono immediati. «In un appezzamento coltivato a riso che curiamo direttamente - prosegue l'agronomo - in un'estate come questa abbiamo irrigato tre volte. Se la pacciamatura venisse abbinata a una micro irrigazione a goccia direttamente sotto il telo potremmo scendere a un risparmio di acqua irrigua pari al 70-80%».

Il progetto è tutto italiano, i macchinari arrivano dalla Spapperi Nt di Città di Castello (Perugia). «In verità li stiamo creando da zero - dice Peduzzi - Non esisteva una macchina che semini il cereale mentre contemporaneamente stende il film sopra il terreno. Ma ci stiamo arrivando». Come per ogni novità, l'investimento iniziale è più alto rispetto alla coltivazione tradizionale.

Ma oltre al risparmio di acqua, si ha la certezza del risultato sulla produzione e il vantaggio di un avere un prodotto biologico di qualità, anche nei prezzi alla vendita.

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