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Nervi tesi Trump-Merkel: divergenze sui migranti e niente stretta di mano

Dopo mesi di frecciate all'incontro vince il gelo. Il tycoon: "Gli alleati paghino le loro quote Nato"

Nervi tesi Trump-Merkel: divergenze sui migranti e niente stretta di mano

Dopo mesi di stoccate e polemiche a distanza, il primo faccia a faccia tra il presidente americano Donald Trump e la cancelliera tedesca Angela Merkel è stato all'insegna di una gelida cortesia. Che tra i due non scorra buon sangue non è un segreto, e durante il bilaterale alla Casa Bianca lo hanno celato a fatica, tra rari e tirati sorrisi di circostanza, e un'unica rapida stretta di mano all'arrivo della Merkel al 1600 di Pennsylvania Avenue. Mentre sembra che il re del mattone abbia ignorato la richiesta di un'altra stretta di mano all'interno dello Studio Ovale, a uso dei fotografi. Entrambi hanno tuttavia cercato di evitare la resa dei conti, almeno a parole, nonostante le profonde differenze, e probabilmente anche l'antipatia reciproca. The Donald ha parlato di colloqui produttivi, sottolineando gli obiettivi comuni della sicurezza, della prosperità e della pace. «Le nostre due nazioni hanno molto in comune, tra cui il desiderio di unità, prosperità e pace», ha detto durante la conferenza stampa congiunta. «I tedeschi devono molto agli Stati Uniti», ha risposto Merkel.

Poi, pero', ognuno ha ribadito con forza i propri punti di vista. «Un'America più forte è nell'interesse del mondo intero», ha chiosato il Commander in Chief, sottolineando che «l'immigrazione è un privilegio, non un diritto». Quindi ha ribadito il suo «forte supporto» alla Nato, pur ricordando la necessità che gli alleati paghino la «giusta quota». E rispondendo alla domanda di una giornalista tedesca, ha negato di essere un isolazionista. «Non so che tipo di stampa lei legga, ma che io sia un isolazionista è una fake news!», ha affermato. L'unico tentativo di sciogliere il ghiaccio con una battuta non ha portato grandi risultati. «Almeno abbiamo qualcosa in comune, forse...» ha scherzato il miliardario facendo un parallelo tra le presunte intercettazioni da parte di Obama alla Trump Tower e la vicenda della Nsa, che avrebbe spiato anche i telefoni della cancelliera. Merkel, da parte sua, ha esordito dicendo che «è meglio parlarsi l'uno con l'altro piuttosto che parlare l'uno dell'altro». E sul fronte dell'immigrazione ha ribadito che «dobbiamo proteggere i nostri confini, ma anche guardare ai rifugiati che fuggono dalle guerre e dalla povertà».

Al centro della discussione anche le relazioni con la Russia: secondo la cancelliera devono migliorare, ma prima deve essere risolta la crisi ucraina. La leader tedesca è stata accompagnata alla Casa Bianca dai numeri uno di tre grandi aziende tedesche - Siemens, Bmw e Schaeffler - che hanno partecipato ad una tavola rotonda presieduta da Trump con altri dirigenti d'impresa americani, e a cui erano presenti anche la figlia Ivanka con il marito Jared Kushner, considerati i più fidati consiglieri del presidente. Le premesse, tuttavia, non erano delle migliori, visto che proprio alla vigilia dell'incontro la Germania ha minacciato un ricorso all'Organizzazione del commercio mondiale (Wto) contro gli Usa, se entrerà in vigore la «border tax» promessa da Trump. Il tycoon ha minacciato di imporre una tassa del 35% sulle case automobilistiche che producono in Messico le auto per il mercato Usa.

Oltre a questo, sinora il rapporto tra i due leader è stato decisamente tormentato. Il presidente, pur dicendo di nutrire «profondo rispetto» per la Merkel, nei mesi scorsi ha definito «un errore catastrofico» la decisione della cancelliera di aprire le porte del suo Paese ai migranti. E ha accusato la Germania di dominare l'Ue: «Guardate l'Ue e vi ritrovate la Germania. È la ragione per la quale credo che il Regno Unito abbia fatto bene a uscirne». Merkel, da parte sua, ha criticato duramente The Donald per la linea dura sull'immigrazione, in particolare per l'ordine esecutivo che congela i visti ai cittadini di sei Paesi a maggioranza musulmana.

E nel corso della telefonata dopo l'insediamento di Trump è salita in cattedra ricordandogli che la Convenzione di Ginevra obbliga i firmatari ad accogliere profughi di guerra per motivi umanitari.

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