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Nibali immenso e i "francesi che si incazzano..."

Vincenzo mangia tutti anche sui Pirenei: domina la tappa del Tourmalet e cala il poker. E distrugge i rosiconi

Nibali immenso e i "francesi che si incazzano..."

Caro Vincenzo, basta così. Davvero non serve altro. Al tuo Tour monumentale poteva mancare solo l'impresa sui Pirenei, dopo averne regalate nelle pianure d'Inghilterra, sul pavé della Roubaix, sulle salite dei Vosgi e delle Alpi. Adesso non manca proprio più nulla. Potremo raccontare ai nipoti che un giorno, il giorno particolare del Tourmalet, il campione di Messina decise di concedersi ancora, nonostante l'enorme vantaggio della sua maglia gialla, staccando tutti sull'ultima salita del Tour 2014 e andando a trionfare nella solitudine dei miti, lasciandosi gli altri a distanze siderali.

È la quarta vittoria di tappa, è l'anello mancante di un capolavoro assoluto. Da qui a domenica, all'appuntamento con la gloria dei Campi Elisi, mancano solo tre formalità. Neppure la megacrono di domani ormai potrà più nulla. Sono tutti a più di sette minuti, non ti prenderebbero nemmeno se noleggiassero un Tgv.

Però hai fatto benissimo, lasciatelo dire, a stradominare anche sui Pirenei. Serve alla tua fama e alla tua gratificazione, ma serve soprattutto ai rosiconi, che continuano a rimuginare sui ritiri di Contador e di Froome. Soprattutto serve ai francesi, questo popolo che batte tutti i Pil d'invidia, che non per niente si mangia tutta la vita il fegato (d'oca). Nessuno avrà mai la controprova di nulla, men che meno i rosiconi, ma i fatti sono fatti: quando Contador è caduto, l'avevi già messo a oltre due minuti e mezzo. Se lo lascino dire, i rosiconi senza controprove: vedere questo Nibali salire a Hautacam non rende poi così verosimile l'ipotesi di un Contador vincitore. Poi ci sta tutto, nemmeno il caso di dirlo. Ma nessuno può permettersi di negare l'evidenza: rimontare un simile Nibali, il Nibali generoso e spettacolare che attacca in maglia gialla, senza calcoli e senza risparmio, avrebbe quanto meno messo il mal di testa a qualunque favorito, fosse pure un padreterno.

E allora basta, facciano il piacere. Ai rosiconi il Tour dei se, dei ma, dei però, a noi il Tour vero, l'unico che conti sul serio, l'unico che alla fine resti scritto negli albi d'oro e nella memoria delle folle. Questo, il Tour vero, Nibali l'ha vinto giocando con il suo cognome: l'ha cannibalizzato. Non si ricorda un solo secondo, un solo chilometro, anche quando erano in gruppo le belle gioie di Froome e Contador, neppure in quelle giornate risulta un solo attimo cupo e tenebroso in cui Nibali abbia barcollato. S'è preso in pugno la corsa già nei primi chilometri, con la geniale vittoria da finisseur sulle strade inglesi, e non ha più concesso niente, se non le briciole e le mancette ai valorosi comprimari della fatica.

Cos'altro aggiungere, allora? Nulla, non c'è nulla da aggiungere. I francesi possono starnazzare quanto vogliono, ma nessuno potrà mai dire che Nibali abbia ballato sulle disgrazie degli altri. Che Nibali abbia speculato. Che Nibali si sia trovato lì per caso. Nibali ha fatto fino in fondo il proprio dovere, senza lasciare nulla di sfumato, di indefinito, di imperfetto. Nibali ha cuore e testa da emigrante vero, è partito ragazzino da Messina per imparare il mestiere in Toscana, ha lasciato il suo mare e i suoi affetti per tentare qualcosa di grande. Tutto quello che ha ottenuto se l'è guadagnato con le proprie fatiche. Non è nato con la camicia, è nato con la canottiera. E proprio per questo non esiste nella sua mentalità di mettere il piede sul tetto del mondo facendo i calcoletti del ragioniere. Con e senza Contador, Nibali ha assalito il Tour è l'ha spianato, dominando senza risparmio di energie, regalando ai tifosi tutto quello che c'era da regalare.

Grazie Vincenzo, così può bastare. Alla faccia di tutti quelli che vivono mangiandosi il fegato, domenica ci gusteremo la festa epocale, davanti all'Arco di trionfo, sulle note di Mameli, coi francesi che s'incazzano. Come ai tempi di Bartali. Ci hai improvvisato una grande estate, ci hai restituito l'estate dopo i 2 novembre degli altri nostri campioni, tutti, a cominciare dai fenomeni del calcio. Prima gelida, poi tiepida, infine incuriosita, l'Italia ha lentamente imparato a conoscerti per quello che sei, per come sei: dannatamente forte e tenace nel tuo lavoro, dannatamente normale quando smetti la divisa. Sei il figlio che tutte le mamme vorrebbero avere, il papà che tutti i bambini vorrebbero avere, il marito che tutte le spose - magari non le strappone - vorrebbero avere. Con i tuoi difetti, con i tuoi pregi. In questa interminabile stagione di maghi dell'immagine e di guru della comunicazione, scateni gli applausi con la sola forza dei fatti, nel decoro della dignità, senza chiacchiere inutili e twitter cretini. Grazie anche di questo. Quando la normalità diventa eccezionale, non è mai un buon segno. Ma consola.

La dedichiamo ai mangiatori di fegato.

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