Cronache

Le nigeriane e i centri usati per legalizzare la schiavitù

L'inferno delle schiave svelato dalle indagini: soggiogate con i riti voodoo e portate in Italia

Le nigeriane e i centri usati per legalizzare la schiavitù

La chiamano accoglienza, ma per centinaia di giovani nigeriane è la porta della schiavitù. Una schiavitù garantita dalle leggi sull'asilo e dai centri di accoglienza del Belpaese dove gli sfruttatori possono tranquillamente ritirare la merce umana spedita dalla Nigeria e transitata dalla Libia. Il tutto a colpi di riti voodoo, minacce d'intimidazioni e l'obbligo di prostituirsi fino alla raccolta dei 30mila euro che ogni ragazza deve rifondere ai criminali responsabili del suo arrivo. A rivelarlo è un indagine dei carabinieri del Ros e del nucleo investigativo del comando provinciale di Lecce che ieri hanno arrestato, su ordine della procura distrettuale antimafia, tre donne e due uomini nigeriani indagati per tratta di persone, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione e associazione finalizzata alla riduzione in schiavitù per fini sessuali.

L'indagine, come documenta l'ordinanza del Tribunale di Lecce in possesso de Il Giornale, ha sgominato un'organizzazione che spostava carichi di giovani donne dalla Nigeria alla Libia per farle approdare a Verona, Sassari e Roma. «Tutte e tre siamo state sottoposte al rito che si è svolto con la stesura di una stoffa bianca sulle gambe su cui è stato scritto, con vernice rossa, il mio nome e quello di mia madre e con l'accettazione del fatto che se non avessi onorato il debito io e mia madre saremmo morte». L'incubo, come raccontato dalla minorenne Jonathan Adesuwa, incomincia con quel rito voodoo praticato prima della partenza dalla Nigeria. I colloqui intercettati tra l'aguzzino lyare Ovbiebo, i trafficanti di uomini libici e le giovani vittime delle tratta, mettono a nudo ogni tappa dell'odissea che porta le piccole schiave dalla Nigeria a Tripoli fino alle coste italiane. E purtroppo la parte più impressionante non è quella del prevedibile inferno libico quanto quella dei centri di accoglienza italiani dove le ragazze - presentata richiesta di asilo e ottenuto il permesso di soggiorno - vengono prelevate dai loro aguzzini e spedite sulla strada.

«Quando sarai in Italia verrò a prenderti per portarti in casa mia». Così parla il 6 aprile 2016 Ovbiebo durante una telefonata in cui spiega alle giovani in attesa di salire sui barconi cosa «non dire» alle autorità italiane una volta a Pozzallo. «Non dire a nessuno che hai qualcuno qui che ti aspetta. Dite che hanno ucciso vostro padre e la vostra famiglia in Nigeria». Ottenere un permesso di soggiorno per le proprie vittime è il primo, vero obbiettivo di ogni schiavista che si rispetti. Anche perché solo grazie a quel pezzo di carta le ragazze possono lavorare e guadagnare. Strapparle ai centri di accoglienza non è invece un problema.

«Quando arriverai in Italia spiega lyare Ovbiebo - ti daranno un telefono con del credito per chiamare la tua famiglia in Nigeria. Tu chiamerai papà e lui chiamerà me... dopo di che loro ti porteranno in una città, in quel momento dovrai chiamarmi e dirmi dove sei». Tra le sventurate protagoniste dell'indagine c'è la 15enne Ihohama. «È una ragazza piccola, non ha mai avuto un uomo in vita sua ed è ancora vergine» spiega Ovbiebo in un'intercettazione. «Dì a loro che sei del 1992 - la istruisce l'aguzzino - e se loro ti chiedono come sei arrivata in Libia devi dire che non lo sai e che hanno ucciso tutta la tua famiglia». La ragazzina sbarcata a Pozzallo a fine giugno 2016 viene prelevata dal centro di accoglienza di Prato grazie a un complice interno e portata a Bologna dove viene subito messa sul marciapiede. «Non riesco più ad alzarmi, le mani e il corpo non si muovono più», si lamenta la schiava bambina in una disperata telefonata in cui implora l'aguzzino di non farla più lavorare. Ma serve a poco. Per lei come per tutte le vittime della tratta delle nigeriane pietà l'è morta. E per capirlo ecco l'intercettazione in cui un membro della banda promette di punire la fuga di un'altra vittima. «Dovunque possa trovarsi non avrà mai pace e morirà So cosa farle.

Molto presto il suo corpo prenderà fuoco».

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