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Il no all'accoglienza? Un privilegio dei sindaci Pd

Da Capalbio a Vitulano: la sinistra predica solidarietà ma a casa propria non la pratica

Il no all'accoglienza? Un privilegio dei sindaci Pd

L'accoglienza democratica è un Giano bifronte. Dagli scranni del governo o dai salotti del Pd il mantra della tolleranza riecheggia a ogni piè sospinto. Ma nella realtà quotidiana la musica cambia. E l'accoglienza si scontra con l'esasperazione dei cittadini, diventa un costo economico e politico che costringe gli amministratori di sinistra ad attuare decisioni di «destra», anche se loro non lo ammetterebbero mai. Così, trovi sindaci del Pd, come quello di Vitulano, nel Sannio, che chiudono con una colonna di terra l'unico accesso al centro di accoglienza dei profughi perché «sono troppi». Altri, come il primo cittadino della Capalbio radical-chic, oppongono una barriera «socio-culturale» spiegando che «alcuni territori sono speciali» e che gli immigrati «ci rovinano l'appeal».

Il sindaco di Centola, in provincia di Salerno, nel giugno 2015 fu tranchant: «Non possiamo riempirci di immigrati che passeggiano per le strade in attesa che qualcuno gli dia una giornata di lavoro, siamo una località turistica». Concetto speculare ribadito nel novembre 2016 dal sindaco di Porto Tolle che ha chiesto di escludere il proprio comune dall'ospitalità. Motivo? «I profughi ci rovinano l'immagine». Sintomatica la sua precisazione: «Condanno le barricate contro l'accoglienza degli altri colleghi di altre aree politiche, ma prima di tutto io sono un sindaco, chiamato ad amministrare». Insomma, le barricate cattive sono solo quelle che alzano i partiti del centro-destra. Se lo fa la sinistra, chiamasi necessità di amministrare. È il solito doppiopesismo. Quello che non fa gridare allo scandalo quando Giampiero Danti, renziano di ferro dell'Abetone ha chiesto - per questioni di sicurezza - bus separati per i profughi. È successa la stessa cosa per i rom. Il sindaco di Borgaro Torinese, dopo una serie di aggressioni subite dai concittadini, ha partorito una proposta: «Bus separati per i rom». Ghettizzazione? «No, non è razzismo, è soltanto un modo per risolvere il problema», si giustificava. A Sesto San Giovanni, storica roccaforte rossa, nel 2010 il sindaco Giorgio Oldrini avviò la costruzione di un muro anti-nomadi lungo mezzo chilometro e alto tre metri. Stessa operazione avviata a Padova dalla giunta Pd a guida Flavio Zanonato.

E il sindaco di Barletta che ha fatto demolire un campo rom con la ruspa? Un democratico travestito da leghista? No, semplicemente un amministratore in cerca di soluzioni. Così come ha fatto il suo omologo di Rezzato, in provincia di Brescia, che ha fatto sgomberare un campo nomadi ponendo fine ad anni di esasperazione. Perché quando la gente chiede risposte, il buonismo finisce per trasformarsi in politiche di sicurezza, cioè di destra. Il sindaco di Sassari ha emesso un'ordinanza per espellere i migranti accattoni. Nel marzo del 2014 i sindaci Pd di Venezia, Treviso e Padova hanno lanciato una linea durissima contro gli accattoni molesti: non più solo il foglio di via ma addirittura il reato di associazione a delinquere. Sicurezza e legalità: parole che la destra pronuncia da sempre.

Ma quando la sinistra si trova davanti ai problemi concreti non può fare a meno di provare a metterle in pratica.

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