Il tiramisù? A noi basta un cucchiaio

Un dubbio ci assale, esattamente a metà tra il secondo e l'ammazzacaffè. Ma i signori di Treviso e quelli di Tolmezzo ci sono o ci fanno? «La seconda che hai detto», risponderebbe Quèlo, immortale personaggio creato da Corrado Guzzanti.

Quando si vuol fare un elogio di un dolce si dice sempre che «non è stucchevole» (fa parte dei cliché gastronomici, prendete nota). Ma la diatriba tra i veneti e i friulani sulla primogenitura di uno dei dessert più celebri, imitati e stuprati del mondo sta diventando esattamente questo: stucchevole. Un teatrino di paese a colpi di fiere, record, tenzoni con pasticciere con cui due località fingono di prendersi a cucchiaiate ma in realtà si fanno pubblicità a vicenda.

Il tiramisù è un capolavoro. Assoluto. Lo trovate nei menu dei locali di tre quarti del mondo. Mentre scriviamo queste noterelle facciamo un esperimento. Cerchiamo la prima pizzeria di Chicago che ci appare su Google. È la Elizabeth's Pizza. Andiamo al menu, voce dolci. È inesorabile, come secondo della lista (dopo le Zeppole, italian donuts) eccolo, il tiramisù, presentato come Layered coffee flavored cake. Poi scegliamo un ristorante di Hong Kong a caso. È il Paper Moon. E anche lì ecco il Tiramisù (ti-la-mi-sù). Potremmo andare avanti, ma non lo faremo.

Chiaro che un capolavoro sia conteso. Chiunque tra Treviso e Tolmezzo dovesse un giorno dimostrare inconfutabilmente di essere stata il teatro dell'illuminazione, il luogo in cui per la prima volta qualcuno ha pensato di assemblare mascarpone, uova, savoiardi, caffè e polvere di cacao diventerebbe Tiramisupoli e forse potrebbe avvantaggiarsene in termini turistici. Ma tanto sia Treviso sia Tolmezzo lo stanno già facendo.

Quindi, signori, lasciateci in pace con la vostra dessert storm. Voi, ammettetelo, volete solo «tirare su» un po' di fama e qualche quattrino. Lo capiamo, intendiamoci. Ma a noi in fondo chi sia la mamma del tiramisù non importa. A noi basta che continuiate a sporcare pirofile di questa meraviglia.