Parigi brucia

Noi, occidentali decadenti bravi solo a commuoverci

Candele, monumenti spenti e con i colori francesi, R.I.P. sui social. Se mettessimo lo stesso impegno nel difenderci, forse sarebbe meglio

Noi, occidentali decadenti  bravi solo a commuoverci

Siamo tutti becchini. Siamo tutti oratori accorati di un lungo funerale, il nostro. Ci piace pensare di essere i testimonial della vita il lotta contro gli angeli della morte, ma poi troviamo un senso alla nostra cultura soltanto quando dobbiamo commemorare, ricordare, piangere. E forse questo è la spia della nostra fine imminente. Della nostra decadenza. R.I.P. Riposiamo in pace.

I giorni di lacrime e sangue che seguono la folle notte di Parigi come tutte le periodiche mattanze che colpiscono il nostro Occidente assediato, comatoso, politicamente corretto, seguono la stessa narrativa. Siamo più bravi a piangerci addosso che a combattere quelli che vogliono proprio questo: vederci piangere. Siamo più bravi a intessere strazianti orazioni funebri che a prevenire. Tutti accendiamo candele a place de la République - vere o metaforiche - ma se ognuno di quei timidi mozziconi accesi fossero un ghigno di rabbia, uno scatto di orgoglio, un pugno, uno schiaffo, uno sputo forse non saremmo qui inginocchiati davanti a un mare di lumini cimiteriali. Ciascuno dei quali rappresenta una metafora di noi stessi: tante fiammelle tremolanti che insieme non bucano il nero nella notte e, poco lontano, un incendio furibondo che lambisce le nostre case, le nostre vite.

Ma come ci commoviamo bene. Ma come applaudiamo davanti al Tower Bridge colorato di blu-bianco-rosso - comunque contenti che il primo colore non sia il verde -, alle bandiere francesi che pavesano i monumenti di mezzo mondo, al Colosseo che si spegne per qualche minuto. Ma come indossiamo bene magliette stilose e slim fit che inneggiano alla Francia. Ma come ci piace dire che siamo tutti parigini, che fa très chic, come a gennaio eravamo tutti Charlie, ma un po' in fondo pensavamo che quei vignettisti birichini se l'erano andata a cercare, perché insomma, non si fa. Ma come tutto questo ci fa sentire buoni, vittime, indignati. E lo siamo, che cavolo, lo siamo. Ma non basta.È la proiezione su scala mondiale di quello che avviene ogni giorno sui social network: il filone dei messaggi di rievocazione per ogni morte famosa o notevole è tra quelli che più di tutti garantiscono un facile bottino di like. Su questo ha ironizzato magnificamente il disegnatore romano Zerocalcare nell'ultimo libro L'Elenco Telefonico degli Accolli, raccontando una folla di persone pronta a rievocare chiunque: «la terra ti sia lieve», «insegna a sorridere agli angeli», e soprattutto «R.I.P.», curioso caso di latino di ritorno, formula che abbiamo dapprima dimenticato e poi reimportato dal mondo anglosassone, il primo a elevare ad arte questa forma pubblica di lutto di classe.

Siamo tutti parigini, ma ora ci guarderemo bene dall'andarci per qualche mese (anche perché hai visto mai che i negozi sono anche chiusi?). Siamo tutti bravi accenditori dicandele.

Chissà se ci ricorderemo di essere anche guerrieri.

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