Cronache

Noi "pollici neri" dal cuore verde

Noi "pollici neri" dal cuore verde

Alla Norimberga vegetale non ci sarà bisogno di mostrarmi le foto delle decine di ficus e bonsai a cui ho causato dolore. Mi dichiarerò colpevole di strage botanica e mi rimetterò alla clemenza della legge del giardinaggio, quella per cui se compri una pianta ad aprile, è secca entro maggio.

Però a voi giurati che minacciate di piantarmi a testa in giù come un iris, voglio dire che mai l'ho fatto con sadismo e che ogni salvia, geranio o basilico di cui ho dovuto constatare il decesso mi ha sinceramente intristito. I vicini mi hanno visto parlare alla fucsia come Nanni Moretti in Bianca: «Che vuoi: più sole, meno sole? Più acqua, meno acqua?». Ho consultato tutorial in cui per innaffiare una begonia è richiesta laurea in Agraria, stilato tabelle di idratazione incrociata, traslocato intere serre dai miei prima delle vacanze, comprato concimi specifici a prezzi da tartufo, chiesto consigli sul grande mistero delle orchidee a diversi gradi di parentado esperto. Mi ci sono applicato, convinto che due foglie e una parvenza di natura in casa o in ufficio fossero un piccolo gesto di gentilezza nei confronti del mondo e di me stesso. Ho avuto in cambio una risposta eloquente: il mio tronchetto della felicità è morto giovedì.

In carriera ho seppellito di tutto: dalla menta alle campanule, dal rabarbaro (i miei suoceri ne hanno uno che nemmeno in Scandinavia cresce così splendido, il mio è finito riarso come rovi nei fumetti di Tex) ai peperoncini Habanero. Mi si è suicidato perfino un cactus. Quindi sì, dovrei convincermi che non ci sono portato, arrendermi a rimirare la flora solo sul Bosco verticale. Eppure, quando il collega si bulla dicendo che fra tre anni i suoi avocado saranno guacamole, non resisto alla sfida. Guardo il Callistemon, il mio unico amico di clorofilla, talmente abituato alle intemperie australiane che resiste da tre anni perfino sul mio balcone, e ci riprovo. Paletta, humus e fioriere da riempire.

Sai mai che stavolta qualcosa sopravviva alla primavera nucleare di noi giardinieri pasticcioni dal cuore verde e dal pollice nero.

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