Politica

Nomine e soldi, misteri irrisolti della Rai

Ci sono due misteri irrisolti che gravano su viale Mazzini. Il primo riguarda i nomi, il secondo i soldi

Nomine e soldi, misteri irrisolti della Rai

Ci sono due misteri irrisolti che gravano su viale Mazzini come quelli di Fatima sulla santa Chiesa. Il primo riguarda i nomi, il secondo i soldi.

Quello sui nomi è semplice. Non so se Alessandro Sallusti, Vittorio Feltri, Maurizio Belpietro, gli attuali vicedirettori del Giornale e di Libero ambiscano a diventare direttori del Tg1, del Tg2 o del Tg3. La stessa domanda me la pongo per Marco Travaglio, Antonio Padellaro e gli altri giornalisti della squadra del Fatto. Non so neppure se un intellettuale come Vittorio Macioce o un polemista di area opposta come Andrea Scanzi abbiano mai pensato di condurre un qualche programma in Rai. E ignoro se idee del genere siano mai saltate in testa a giornalisti di qualità di testate grandi o piccole ma non riconducibili a quelle dei grandi gruppi bancari, industriali e finanziari che fiancheggiano il governo.

Ciò che so, senza alcun dubbio in proposito, è che quando si apre una stagione di nomine ai vertici giornalisti dell'azienda radiotelevisiva pubblica, quella che dovrebbe garantire il pluralismo non dei partiti ma delle idee presenti nella società italiana, questi nomi non sono mai pronunciati. E neppure sussurrati o fatti filtrare in qualche modo sotterraneo per essere presi vagamente in considerazione. Girano solo i nomi degli altri.

Il mistero è fitto. E chi sa mai se potrà essere svelato in un qualche lontano ed imprevedibile futuro.

Il secondo mistero riguarda invece i soldi che in nome della trasformazione in una media company del terzo millennio la Rai inserirà nei suoi palinsesti vintage( in quanto riesumati dagli anni '70, '80 e '90) del prossimo autunno. Quanto costeranno Benigni e Santoro? E quanto Lerner, Augias e l'intero pacchetto di vecchie glorie e di nuovi acquisti di rigorosa fede politicamente corretta recentemente assurti a volti caratterizzanti del nuovo corso di viale Mazzini?

In questo caso il mistero è ancora più oscuro. Perché per gli artisti vale una singolare deroga alla trasparenza imposta per legge (pare che se ne indichi i compensi la concorrenza ne possa approfittare invece che accendere lumi di ringraziamento al Padreterno). E per i giornalisti c'è una sorta di trascinamento automatico della deroga che impedisce di sapere l'esatto ammontare del costo dei nuovi palinsesti.

Il buffo della vicenda è che i due misteri rimarranno tali a dispetto di qualsiasi invocazione alla trasparenza sulla sorte dei soldi pubblici. È la privacy (ma solo quella dei privilegiati), bellezza!

Commenti