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Non c'è pace per Trump. Inchiesta per frode fiscale (e schiaffo da Teheran)

"Occultò l'eredità da 413 milioni". Sanzioni, l'Aja con l'Iran. E gli Usa cancellano le intese del 1955

Non c'è pace per Trump. Inchiesta per frode fiscale (e schiaffo da Teheran)

Non c'è giorno senza scandalo per Donald Trump, ma questa volta l'attacco lo colpisce sulla qualità che lui ha sempre messo al primo posto: l'essersi fatto da solo, aver guadagnato i suoi miliardi grazie unicamente alle sue capacità. Tanto da definirsi self made billionaire. A puntare il dito contro il presidente americano è nuovamente il New York Times, accusandolo di aver ereditato dall'impero dei genitori almeno 413 milioni di dollari, gran parte dei quali frutto di elusione fiscale. E ora lo stato di New York vuole vederci chiaro, indagando per approfondire la questione. Il dipartimento per la tassazione e le finanze intende accertare «seguendo con decisione tutte le piste d'indagine adeguate» se davvero il tycoon negli anni Novanta abbia aiutato i genitori ad aggirare il fisco per ereditare più soldi del dovuto.

Il commento di The Donald non si fa attendere: «Il fallimentare New York Times ha fatto qualcosa che non ho mai visto prima - tuona su Twitter -. Ha usato il concetto di valore temporale del denaro per fare un pezzo contro di me vecchissimo, noioso e già raccontato più volte. Il 97% delle loro storie su di me sono negative, non si sono mai ripresi dalle elezioni». Prima di lui è intervenuta la Casa Bianca, per affermare tramite la portavoce Sarah Sanders che l'Irs, il fisco americano, «controllò e firmò queste transazioni». E per uno degli avvocati del Commander in Chief le accuse sono «false al 100% e altamente diffamatorie».

Ma l'inchiesta sul denaro che il presidente ricevette dall'azienda del padre Fred C. Trump, morto nel 1999, è solo l'ultima delle grane che il tycoon deve affrontare. A un mese dalle elezioni di Midterm sono tanti i fronti aperti, a partire dalla conferma, sempre più in salita, della nomina del giudice Brett Kavanaugh alla Corte Suprema. L'Fbi potrebbe chiudere la sua indagine nelle prossime ore, e il leader della maggioranza in Senato, il repubblicano Mitch McConnell, vuole procedere rapidamente con il voto in plenaria, forse già entro la fine della settimana.

La prima accusatrice del giudice, Christine Blasey Ford, insiste invece per essere interrogata dall'Fbi. «È inconcepibile che il Bureau possa concludere un'indagine sulle accuse di Ford senza interrogarla», dicono i suoi legali, Debra Katz e Michael Bromwich. Trump, intanto, durante un comizio in Mississippi deride la donna, imitando la sua testimonianza davanti alla commissione giustizia del Senato e mettendola apertamente in dubbio. Scatenando così le critiche dei suoi avversari, ma anche di alcuni senatori repubblicani, che ora potrebbero votare contro la conferma di Kavanaugh.

Poi c'è il dossier iraniano: ieri la Corte internazionale di Giustizia dell'Aja ha indicato «in via provvisoria» che gli Usa devono revocare le sanzioni in campo umanitario, quelle che vietano l'esportazione verso Teheran di «medicine, derrate alimentari, prodotti agricoli ed equipaggiamenti per la sicurezza dell'aviazione civile». Decisione che secondo la Repubblica Islamica dimostra l'illegittimità delle misure restrittive americane: «Washington - afferma il ministero degli Esteri - dovrebbe smettere con la cattiva abitudine di imporre sanzioni tiranniche e illegali ai cittadini di altri Paesi». Gli Stati Uniti, per tutta risposta, annunciano di voler cancellare il trattato di amicizia per le relazioni economiche e i diritti consolari con l'Iran stipulato nel 1955.

Anche se gli Usa, dice il segretario di stato Mike Pompeo, mantenevano e manterranno gli aiuti umanitari all'Iran.

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