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"Non ci facciamo incantare dai pifferai Le parole non bastano, servono i fatti"

"Non ci facciamo incantare dai pifferai Le parole non bastano, servono i fatti"

«Di Maio sembrava uno di noi». Oltre che dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, la frase incriminata è stata detta anche da Marco Bonometti presidente di Confindustria Lombardia, giovedì scorso a Milano, dopo un incontro con Luigi Di Maio.

Che fa ingegner Bonometti, conferma?

«Guardi, durante il consiglio generale di Confindustria Di Maio ha detto anche cose interessanti, ma bisogna che corregga la sua impostazione con fatti concreti. La battuta «sembra uno in noi» aveva un significato ben preciso: non basta dire le cose, ma bisogna anche farle e saperle fare».

Con questo governo Confindustria è stata sempre molto critica. C'è stata una svolta improvvisa?

«Se da parte dell'esecutivo c'è un ripensamento, siamo i primi ad essere d'accordo: ora è il momento dell'azione, altrimenti l'Italia rischia di scivolare in maniera irreversibile. Riconsiderare le proprie posizioni è un segnale di intelligenza, non di debolezza. Ma certo avremmo gradito che certe cose sulle imprese si fossero dette in sede di governo o parlamentare: Allora sì che sarebbero state un segnale di reale ripensamento».

Su cosa dovrebbe tornare indietro Di Maio?

«Reddito di cittadinanza, decreto dignità, quota 100. Tutti interventi assistenziali. Di Maio ci ha parlato di crescita, delle imprese come protagoniste: se sono state parole dette per opportunismo, perché si era nella casa degli imprenditori, allora non ci siamo. Gli industriali sono persone concrete, sanno valutare le cose e dare loro il giusto peso. Non si fanno incantare da un pifferaio magico».

Ma lei parla di eliminare i provvedimenti bandiera di questo governo.

«Se si vuole mettere la crescita al primo posto vanno cancellati. O almeno modificati compatibilmente con le esigenze di bilancio. Dal discorso che ci ha fatto Di Maio, di grande apertura alle aziende, bisogna che ora arrivino risposte concrete. Il problema è ripristinare la fiducia, dare certezza alle imprese. Se no queste se ne vanno. E con loro gli investitori stranieri, che negli ultimi tempi hanno disinvestito dall'Italia 80 miliardi».

Lei pensa che di fronte ai dati sulla stagnazione dell'economia questo governo aprirà una fase di dialogo con le imprese?

«Intanto diciamo che noi non critichiamo i governi, ma i provvedimenti. Poi di sicuro se ci avessero ascoltato prima avrebbero evitato di fare determinate scelte. Stiamo ripetendo le stesse cose dal luglio scorso. Sulle grandi opere, la Tav. O sul decreto sblocca cantieri: vediamo se ora partono i lavori. Se ora i provvedimenti andranno nella direzione giusta, ben vengano».

C'è un tema di contrapposizione Nord-Sud che condiziona i rapporti di Confindustria con il governo gialloverde?

«Noi siamo convinti che il Sud sia un'opportunità per il Nord e dunque per il Paese. Ma dobbiamo permettere al Nord di competere. Se si ferma anche il Nord, si ferma tutto. Per questo l'autonomia è fondamentale e sarà un altro argomento di discussione del governo: riteniamo che su certe materie sia fondamentale per accelerare lo sviluppo dei territori. Il governo deve prendere presto una posizione.

In prospettiva, è ottimista?

Io sono realista: aspetto i fatti. Tutti quando ci parlano condividono i temi dell'impresa. Poi però si vedono scelte opposte. Ci dicono di volere la crescita e poi mettono l'ecotassa. L'ecotassa penalizza l'industria manifatturiera italiana.

Ecco, partiamo di qui e togliamola domattina».

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