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Per non finire alla sbarra Fini e la Tulliani vogliono parlare ai pm

Riciclaggio, a luglio la donna in Procura era rimasta zitta. Ora il cambio di strategia

Per non finire alla sbarra Fini e la Tulliani  vogliono parlare ai pm

Ultima chiamata. Gianfranco Fini ed Elisabetta Tulliani provano a scongiurare la richiesta di rinvio a giudizio e, dopo l'avviso di chiusura indagini, decidono entrambi di chiedere un ultimo interrogatorio, per convincere i magistrati romani della loro estraneità. Una novità soprattutto per Elisabetta. Lei, infatti, ha da sempre tenuto un profilo bassissimo tanto nell'affaire immobiliare quanto nella conseguente inchiesta. Mai una parola al tempo dello scandalo della casa di Montecarlo, e scena muta anche in procura a luglio scorso quando la donna, indagata come marito e familiari per riciclaggio, si avvalse della facoltà di non rispondere. Ora, però, non c'è più tempo. La difesa di Elisabetta, fino a questo punto, è stata affidata alla versione data da Fini ai magistrati. L'ex leader di An, che invece ha parlato e ha anche consegnato una memoria in procura il giorno del suo interrogatorio, ha infatti scaricato tutta la colpa sul cognato. Con il quale, spiega, è «datato e conclamato» che abbia da tempo interrotto i rapporti. Per Fini, insomma, Giancarlo ha millantato con il re delle slot approfittando della sua parentela illustre, e sempre il giovane Tulliani - ora in attesa di conoscere il suo destino in una cella a Dubai dove è stato arrestato lo scorso 2 novembre - avrebbe ingannato Fini inducendolo a vendere la famigerata casa di boulevard Princesse Charlotte fingendosi intermediario e non destinatario finale, e nascondendo anche il dettaglio che a pagare l'acquisto sarebbe stato Corallo.

Anche sulle evidenze che sembrano inchiodare Elisabetta a una consapevolezza degli affari del fratello, Fini ha tentato una difesa della compagna, spiegando per esempio che quella metà del milione e 300mila euro incassati rivendendo a caro prezzo la casa nel 2015, somma finita nel conto corrente di Elisabetta, non era la prova che i due fratelli fossero soci nell'affare immobiliare, bensì una sorta di «risarcimento» che lei avrebbe preteso per i guai che il fratello aveva fatto passare alla coppia. Beninteso, anche questo risarcimento sarebbe avvenuto all'insaputa di Fini.

Di fatto, però, Elisabetta ha tanto da spiegare e molti punti oscuri da chiarire, se vuole provare a incrinare le sicurezze cristallizzate in procura, dove gli inquirenti sono convinti del suo coinvolgimento. Come sono convinti, pure, del ruolo decisivo di Fini, senza la cui presenza secondo le toghe capitoline, l'aggiunto Michele Prestipino e la pm Barbara Sargenti, sarebbe difficile, se non impossibile, spiegare l'interesse di un grande imprenditore come Corallo verso i Tullianos, non certo capitani d'impresa da salotti buoni.

Non è chiaro quando la procura li convocherà né quale sarà la strategia difensiva di Elisabetta, ma Fini insisterà sul «millantaggio» del cognatino, anche se pure lui ha qualcosa da chiarire: nel primo interrogatorio aveva respinto le dichiarazioni di Amedeo Labocetta, suo grande accusatore, sostenendo che fossero tutte inventate, ma su diversi punti la procura di Roma avrebbe riscontrato le affermazioni dell'ex parlamentare di An contro il suo vecchio capo.

A piazzale Clodio guardano con interesse anche a Dubai, dove le autorità locali hanno due mesi per decidere se estradare o meno Tulliani junior.

Che, in mancanza di domiciliari (negli Emirati non esistono) chiederà di tornare libero consegnando il passaporto.

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