Cronache

Non togliamo loro l'occasione di scoprire che il sacrificio conta

Non togliamo loro l'occasione di scoprire che il sacrificio conta

Quando si è trattato di iscrivere tuo figlio alla scuola elementare, una tua amica ti aveva molto caldeggiato una certa scuola. Poi così, chiacchierando, ti aveva spiegato: «No, non hanno mai da fare i compiti. Solo nel weekend». Tuo figlio è finito in un altro istituto (non solo per questo, ma anche). E tuo figlio, ovviamente, questo non lo sa: come potresti spiegargli che avrebbe potuto non avere i compiti da fare, ogni pomeriggio, e dedicarsi invece completamente, per esempio, al calcio, al rugby, al basket, ai cartoni, a saltare da un divano all'altro, a fare i dispetti a suo fratello...? Ci provi ora, a spiegarglielo.

Caro figlio mio, qui dicono che la tua mamma sia eccessivamente severa, e che perciò tu sarai un ribelle di prima categoria, ma la tua mamma e anche il tuo papà pensano, e lo pensano perché lo hanno vissuto, che i compiti a casa servano. Proprio quelli che fai lì, ogni pomeriggio, da solo, alla tua scrivania, mentre tuo fratello, che non va ancora a scuola, può permettersi di gridare e giocare e disturbarti. Servono perché impari a imparare e a sforzarti da solo, in autonomia; perché scopri che il tempo in cui ti diverti, che è sacrosanto e bellissimo, non è gratis e, in ogni caso, se anche lo fosse adesso, in un futuro non lontano non sarà più tale; perché ti prepari a quando dovrai studiare molto di più, per esempio alle medie, alle superiori o all'università; perché nessuno ti regala niente, e perché l'uguaglianza non esiste, nel senso che non tutti gli studenti, come le persone, sono uguali uno all'altro, ognuno ha le sue capacità e deve sperimentarle, scoprirle e conoscerle anche da solo. Per esempio con i compiti. Per esempio giocando a calcio, o a rugby. Anche sbagliando e facendo fatica e chiedendoti, a volte, perché tu debba fare proprio quello, mentre vorresti guardare la Vuelta in tv. I compiti sono un sacrificio, un rischio (di non farcela, di farli male), un'occasione (di imparare di più e meglio, di scoprire cose nuove), e anche una noia mortale. Assoluta, per tutti gli studenti, da sempre. Inclusi mamma e papà.

Poi bisogna distinguere alcuni casi specifici. Per esempio, se c'è il doposcuola dedicato ai compiti, è giusto che vengano svolti lì; e il tuo collega - papà di un altro figlio che frequenta un'altra scuola - non dovrebbe ritrovarsi a fare tesine alle nove di sera. Però se a scuola, al pomeriggio, ci sono le lezioni, qualche lavoro a casa andrà pure fatto. Anche se costa fatica. Certo i compiti non devono essere punitivi, né per chi studia, né per i genitori; ed è vero che i genitori di oggi hanno meno tempo. Ma siamo tutti sopravvissuti all'esperienza, con risultati più o meno apprezzabili..

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