Politica

Norcia, «Fight club» in strada Morto a 29 anni per un pugno la verità nei video sui telefoni

Emanuele Tiberi vittima di un solo colpo al volto per sfida. E gli amici incitavano i due a picchiarsi

Tiziana Paolocci

«Daje, daje». La gente incitava chi era più violento, quel 29 luglio davanti alla Vineria di Norcia, e ha continuato a farlo finché Emanuele Tiberi ha barcollato ed è crollato a terra morto.

C'era una sfida, un «gioco a chi colpiva più forte», alla base del decesso del ragazzo, 29 anni, raggiunto da un unico pugno al volto sferrato da Cristian Salvatori, 33 anni, quella notte di metà estate.

Lo provano non solo le testimonianze degli avventori del locale che incitavano i due a farsi male, ad andare giù sempre più pesante, ma anche una consulenza tecnica fatta eseguire dal pm Vincenzo Ferrigno della Procura di Spoleto, in cui sono state estrapolate dai telefonini dei presenti alcune sequenze di un omicidio preterintenzionale in «diretta», circolate nelle chat di amici e conoscenti con la dettagliata ricostruzione dei fatti.

Dai racconti e dai frame dei video emerge che Tiberi e Salvatori si stavano sfidando. «Lu Picchiu (Salvatori, ndr) gli ha detto dammi un pugno, Fanalino (Tiberi, ndr)  gliel'ha dato, ma piano. Dopo gli ha detto Mo tocca a me e gli ha dato una pesca», si legge in una delle chat dei ragazzi di Norcia che erano presenti la sera della tragedia.

A sei mesi dall'omicidio ora il tribunale del Riesame di Perugia è chiamato a decidere sull'appello proposto dagli avvocati David Brunelli e Francesco Crisi, difensori dell'imputato, contro il rigetto della richiesta di scarcerazione. In base alle indagini dei carabinieri, infatti, la difesa aveva sollecitato al gip Federica Fortunati la revoca della misura cautelare o, in alternativa, di concedere a Salvatori i domiciliari a fronte della volontà del giovane di sottoporsi a un percorso di recupero.

Istanza alla quale aveva dato parere favorevole lo stesso magistrato inquirente. Ma il Gip era stato irremovibile spiegando che la sua scelta scaturiva non solo per il «grave quadro indiziario emerso a carico del prevenuto» ma anche «in considerazione della personalità aggressiva e violenta dimostrata dall'indagato, il quale potrebbe, in un ambiente comunitario, reiterare condotte violente analoghe a quelle già perpetrate... ».

Di parere opposto i legali di Salvatori, che hanno sottolineato ai giudici dell'appello cautelare la circostanza del «gioco», seppur maledetto, e la condotta successiva dell'indagato. «La circostanza della sfida/gioco cancella - dicono i difensori - la valutazione di un ragazzo con impulsi aggressivi e incontrollabili. Inoltre Salvatori ha offerto, con uno scritto ai familiari del giovane, la disponibilità al risarcimento dei danni e ha manifestato di voler perseguire un percorso rieducativo in una comunità dedita al reinserimento sociale, mediante un programma correzionale».

Ora la parola spetta al Tribunale del Riesame che dovrà esprimersi su un episodio che ha sconvolto la comunità di Norcia.

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