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La nostra cucina? È sempre alle stelle

L'Italia conferma i suoi otto "tristellati". Ma la Francia ci supera sui ristoranti "top"

La nostra cucina? È sempre alle stelle

Immobile. Da tre anni. Secondo l'edizione 2017 della guida Michelin presentata ieri al Teatro Regio di Parma (città di Verdi, ma i loggionisti non c'erano. Nella gastronomia non si fa, non sta bene) i tristellati italiani sono sempre quelli. Otto. Alajmo Beck Bottura Cerea Crippa Feolde Romito Santini. In ordine alfabetico. Li abbiamo ormai imparati a memoria. Manco fosse la formazione dell'Italia che vinse il mondiale 1982. Nessuno sale. Nessuno scende. Uffa. Se sia un segno di maturità o di stanchezza della nostra cucina d'avanguardia non sta a noi dirlo. La guida rossa firmata da Sergio Lovrinovich, quella che se cresci o ti confermi è un mito e se scendi o ti ignora è tutto truccato, ha deciso così. Lasciando le novità nei dettagli. Novità è intanto la sede di presentazione, la Parma capitale della Food Valley, e il sindaco Federico Pizzarotti è lì che gongola con il badge rosso al collo, avendo così tanti giornalisti ai suoi piedi che nemmeno quando scazzava con Grillo (e pensare che lui prima era più stellato di Bottura, avendone cinque). E naturalmente ci sono i numeri che crescono, ma questo accade a ogni guida ogni anno: 343 ristoranti stellati (secondo Paese al mondo tra tutti quelli che la Michelin visita, dietro la Francia), 8 tristellati, 41 bistellati, 294 monostellati, 33 novità, 260 bib gourmand. Poi, certo, lì dietro quegli otto intoccabili c'è un mondo che si agita: locali che salgono, che scendono, che perdono la stella, che sono lì lì per, che chiudono e ciao.

Ci sono cinque nuovi bistellati: sono Danì Maison di Ischia (Napoli), Locanda Margon di Ravina (Trento), Terra di Sarentino (Bolzano) e due insegne della scoppiettante scena milanese: Seta del Mandarin Oriental dello chef Antonio Guida e il ristorante del Mudec di Enrico Bartolini, primo ristorante di museo ad arrivare così in alto in Italia. Va detto che Bartolini è a suo modo l'unico chef italiano a vantare quattro stelle, con altri due suoi locali (a Bergamo e in Maremma) da una stella. Milano ride ma Roma non piange, a dimostrazione che la ristorazione metropolitana sta suonando la tromba della riscossa dopo anni di egemonia della provincia. La capitale ha ben cinque insegne che approdano alla prima stella, oltre all'Aminta Resort del bravissimo Marco Bottega, a Genazzano, nella poco glamour provincia romana. Molti dicono che le donne sono trascurate: c'è una sola donna ed è Nadia Santini, più quella musa ispiratrice che è Annie Feolde della fiorentina Enoteca Pinchiorri. Molti si scandalizzano che il Sud sia così negletto (il più meridionale dei tristellati è l'abruzzese Niko Romito di Reale Casadonna a Castel di Sangro) ma è un discorso trito. Molti sono gli esperti della stella mai data e garantiscono che loro sanno, loro sì, chi la meriterebbe.

Per intanto c'è la Michelin, che è giunta nell'edizione italiana a 62 anni e se li porta in fondo nemmeno malaccio.

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