Politica

Le nozze Ala-Zanetti rafforzano il premier. Ma il Pd rischia il crac

Il fattore Verdini ha già penalizzato i dem alle urne. Tra gli ex montiani guerra sul logo

Le nozze Ala-Zanetti rafforzano il premier. Ma il Pd rischia il crac

Se la politica fosse un viaggio avventuroso e affascinante, così come diceva Mario Monti il 4 gennaio 2013 presentando la propria «creatura», si potrebbe ben definire «maledizione di Montezuma» quella che colpisce Scelta civica. Il Fondatore, forte dell'insuccesso, la ripudiò nove mesi dopo e non ne volle più saperne dal febbraio 2015 (il co-fondatore, Luca di Montezemolo, era sceso alla fermata prima). Toccò a Bombassei: incoronato nel novembre 2013, ad aprile era già volato via come una rondine. Il nuovo segretario, Renato Balduzzi, appena avvinghiata una poltrona al Csm vi si trasferì armi e bagagli, manco sotto quella di Scelta civica ci fossero le serpi. Enrico Zanetti, ultimo della dinastia in mercè d'un sottosegretariato renziano, è riuscito a fare di peggio: scappa e si porta via la cassa.

Essendo questa più o meno vuota, al pari delle liste di iscritti e votanti, il rampante viceministro dell'Economia porterà con sé nome e simbolo. Anzi l'ha già fatto, per rifondarlo anzi fonderlo sotto l'Ala di Verdini. Con gran scandalo della decina di «civici» che restano e vogliono portarlo in tribunale e gran diletto del governo, perché ora si può giustamente dire che Verdini entra con tanto di viceministro in carica, Zanetti. Senza che il Quirinale ne venga neppure informato formalmente. Tanto pote' la voglia di Renzi di vincere facile, blindare in Parlamento il governo mai scelto dal popolo e affrontare il referendum con una maggioranza più salda. Mai furbata fu più furba. Anche a costo di rischiare il crac elettorale, considerando la simpatia degli elettori pidini per Verdini. Zanetti, invece, ha tutto da guadagnare: diventa il profeta del nuovo corso, senza eccessivi sforzi nel nome della mostruosa novella creatura: «Scelta civica - verso Cittadini per l'Italia» (nelle altre due scissioni vissute dall'atomo montiano questa dell'Italia restava una «fissa», a tutto discapito degli italiani). Lui è felice come un uovo: con i suoi tre fedelissimi, otto verdiniani e il tosiano Marcolin è a quota 13. E spara alto: «Siamo 15, arriveremo a venti», contando già i due italiani eletti all'estero, Merlo e Borghese, più altri cani sciolti già contattati (Verdini pare stia invece lavorando a un gruppo per il Senato).

Nel gran trambusto d'armi e armigeri, Zanetti conta di riscuotere la somma gratitudine del premier per aver risolto con il più classico dei colpi d'ala la complessa vicenda. Che si tratti di un'operazione condotta per interposta persona è assodato, così accusano i deputati restati fedeli alla vecchia «Sc». Lo testimonia anche la levata di scudi della sinistra Pd, preoccupata per i contraccolpi elettorali già manifestatisi alle Amministrative. Speranza chiede le subitanee dimissioni di Zanetti dalla sua poltronissima (anche in tv, considerata la grande versatilità talk del personaggio onnipresente). Però: tutto si può chiedere a un viceministro, meno che le dimissioni. Sacrilegio rigettato con sdegno.

«Dimissioni che non arriveranno», ha fatto sapere Zanetti, gioiosamente.

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