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Nozze gay, Rai e nuovo Senato: qui il governo rischia

Tempi stretti e schieramenti incerti per le riforme volute dal premier. I mal di pancia di Ncd

Nozze gay, Rai e nuovo Senato: qui il governo rischia

Roma - Lo scoglio della legge sulle unioni civili è lo scoglio più pericoloso. Però il mare che deve affrontare la nave del governo Renzi è pieno di insidie e il rischio di arenarsi (o peggio di affondare) è alto. Oggi arriva alla commissione Giustizia del Senato il ddl sulle unioni civili. E per tutti i notisti politici è un banco di prova importante non solo per vedere la tenuta della coalizione (qui infatti è proprio un'ala del governo a essere fortemente contraria), ma anche per saggiare l'eventualità di un «soccorso esterno», che in questo caso potrebbe giungere da alcuni esponenti di Forza Italia. Il senatore Maurizio Sacconi spiega esemplarmente la posizione del suo partito (Ncd) e quindi i rischi che corre l'esecutivo. «I sostenitori delle unioni civili sanno bene che potremmo velocemente approvare un testo di legge utile a riconoscere i diritti dei conviventi a regolarsi tra loro e a essere riconosciuti nella loro funzione di sostegno morale e materiale implicita nella relazione affettiva. Però tutti sanno altresì che quando si pongono le premesse per l'estensione del matrimonio, delle adozioni e delle provvidenze pubbliche si mette in discussione l'intero modello antropologico e sociale disegnato dalla Costituzione». L'ostacolo per i renziani (che vorrebbero con questa legge recuperare terreno a sinistra) è di tutta evidenza. Sacconi tra l'altro ricorda che questo tipo di legge potrebbe avere forti ricaschi economici (previdenziali) ancora non quantificati.

Mentre l'iter parlamentare di questo ddl è ancora da perfezionare, l'estate politica di Renzi prevede un altro passaggio fortemente a rischio. Si tratta della tanto pubblicizzata riforma Rai, che la prossima settimana approderà a Palazzo Madama. Qui non saranno gli alfaniani la spina nel fianco di Renzi, semmai la sua sinistra interna che sembra mal digerire alcuni punti cardine della riforma, come il numero e la composizione del cda. I membri passano da 9 a 7. Ora 7 di essi sono scelti dal Parlamento mentre in futuro saranno solo 4 (due alla Camera e due al Senato). In più l'amministratore delegato sarà scelto proprio da Palazzo Chigi mentre il presidente (con ruolo di vigilanza) spetterà all'opposizione (lasciando a secco proprio la sinistra di governo). Gli osservatori più maliziosi notano non poche affinità con la riforma Gasparri e quindi è proprio su quel fronte che potrebbe arrivare una aiuto.

Stiamo parlando tra l'altro di riforme da discutere e votare al Senato dove la maggioranza è sempre più risicata nei numeri e sfibrata nella resistenza psicologica. E proprio la riforma della nostra Camera alta potrebbe rappresentare il terzo scoglio. Anche questa è una riforma che entro la fine dell'estate dovrebbe arrivare al traguardo, ma anche qui i pericoli non sono pochi. Sempre la sinistra interna del Partito democratico mal digerisce il fatto che il nuovo Senato delle Regioni sarebbe popolato da persone non elette direttamente. I malumori provengono dagli stessi che mal digerivano i capilista bloccati dell' Italicum . Ora però potrebbero essere più determinati a votare contro l'ordine di scuderia. Alla fine ci sarà pure il varo della riforma della Pubblica amministrazione. Qui con il passaggio inverso (da Senato a Camera). I rischi sono minori (per il Pd) ma la materia è ampia e potrebbero esserci resistenze di settore.

Certo è che la maggioranza della Camera è tale, almeno in questo caso, da non richiedere una «stampella».

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