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Nulla è ciò che sembra L'alta moda si veste di elegante assurdità

Valentino presenta capolavori tessuti in 1.120 ore come la cappa con Narciso e Leda

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Parigi C'è un tempo qualitativo e uno quantitativo e poi c'è questo nostro tempo inquieto che a rigor di logica dovrebbe escludere l'elegante assurdità dell'alta moda in cui il tempo viene misurato sul sogno, sulla passione e sullo spirito di perfezione di chi lavora negli atelier. Tradurre tutto ciò in abiti che costano cifre da capogiro è un'impresa quasi titanica che invece riesce benissimo tanto a Pierpaolo Piccioli per Valentino quanto a Karl Lagerfeld per Fendi Couture. Il primo cita la celebre frase del Piccolo Principe «È il tempo che dedichi alla tua rosa che la rende così speciale» per spiegare come mai nella collezione couture del prossimo inverno non ci sono tendenze legate al qui e ora, ma un gigantesco senso della memoria che fa convivere l'estetica del '700 con le mani intrecciate di Pasolini e della Callas, le Madonne rinascimentali e i volumi di Charles James.

Il risultato è una collezione struggente per bellezza e intensità, un inno ai percorsi incongrui dell'anima per portare le emozioni nelle dita di chi fa, negli occhi di chi guarda e nel cuore di chi indossa questi capolavori. Ci vogliono 1120 ore di lavoro a mano per intarsiare in una cappa da una parte la Leda col Cigno, dall'altra Narciso allo specchio. Nell'abito battezzato «Amore fuggente» ci sono 17 diversi tessuti e colori che dopo 960 ore di fatica con ago, filo e maestria diventano lo spettacolare ricamo di Apollo e Dafne. «Inizialmente si chiamava Nino perché in sartoria dicevano che Apollo era pettinato come Nino D'Angelo» racconta divertito Pierpaolo nel backstage facendo letteralmente volare con le mani i 38 metri di satin (il termine esatto è pelle di seta) che magistralmente tagliati e ancor meglio cuciti compongono l'indimenticabile abito-bustier carminio che in un colpo solo cita i volumi di Charles James, la grazia delle damine di Watteau e l'eleganza senza confini del rosso Valentino. Sul fronte colori c'è di tutto: il verde della bandiera brasiliana, il rosa in tutte le sue più stupefacenti sfumature, l'arancio intenso del sole al tramonto, lo smeraldo, il ciclamino e svariate tonalità di rosso ciliegia oltre a cammello, nero e oro. Il broccato diventa leggerissimo, il semplice cotone verde è un'incrostazione preziosissima, i ricami sono gli intarsi e viceversa: una cosa fuori dal tempo o meglio con quel senso del tempo interiore che corrisponde all'arte. La stessa cosa succede sulla passerella di Fendi Couture dove nulla è ciò che sembra e il savoir faire dell'alta pellicceria arriva sui tessuti.

Si comincia con un sublime cappotto che sembra chissà quale pelo tinto nei preziosi colori del pittore Kupka e invece è in organza sfrangiata. Poi c'è un tailleur in paillette mobili che simulano gli avvallamenti del persiano, le 3000 minuscole rose di visone su una gonna a ruota e il tailleur Arlecchino con il visone rasato, tinto, intarsiato, tagliato a strisce e a quadratini cuciti in sospensione per avere quel che Lagerfeld chiama «an air conditioning fur». Il Kaiser della moda arriva a smacchiare la lince e a trattare gli zibellini come velluto e viceversa. Questo lavoro di sicuro offrirà a Fendi un nuovo futuro e scusate se è poco. Da Margiela quel genio di John Galliano ci fa riflettere sulla follia del nostro tempo per cui non guardiamo più ma fotografiamo, non parliamo più però postiamo. Le modelle sfilano avvolte in pezzi di trapunta sagomati nei classici capi della moderna couture (tailleur, cappe e trench) con gli occhiali per la realtà virtuale e lo smartphone agganciato alla caviglia. Pronte per la guerra dei social dove vince il più veloce, non sempre il più bravo. Gaultier sembra invece imprigionato in una time capsule dove gli uomini sono ancora macho e le donne delle iperboliche material girl.

Che peccato: lui è meraviglioso e noi lo amiamo, ma il tempo è tiranno, si sa.

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