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«Nullatenente» La figlia di Riina pretende il bonus bebè Ma il Comune glielo nega

Lucia Riina, la figlia più piccola del capo dei capi Totò «'u curtu», chiede il bonus bebè al Comune di Corleone, dove risiede dal 1993, da quando cioè vi fu portata all'età di 12 anni. «Domanda fuori termine e incompleta», è la risposta del Municipio siciliano, che è stato sciolto per mafia e, per questo motivo, attualmente è retto da tre commissari. Anche il marito, Vincenzo Bellomo, ha presentato la sua istanza. Ma l'aiuto economico è previsto per le coppie che hanno un Isee non superiore a 25mila euro. E pure per l'Inps, che è l'ente preposto a elargire i fondi, non è dovuto nessun assegno alla coppia Riina-Bellomo, perché non presenta i requisiti previsti dalla legge.

Per la Riina, che ha presentato la domanda, invece l'assegno sarebbe dovuto. L'importo previsto dalla legge dipende dall'Isee del nucleo familiare: 960 euro l'anno, divisi in 80 euro al mese per 12 mesi, per i genitori che presentano un Isee superiore a 7mila euro e non superiore ai 25mila, mentre spettano 1920 euro l'anno, divisi in assegni di 160 euro al mese per 12 mesi, per chi ha un Isee non superiore a 7mila euro annui.

Sarebbe la prima volta che un appartenente alla famiglia Riina chiede un aiuto economico allo Stato. Ma la risposta è stata un secco no. Quale che sia la motivazione ufficiale del diniego. La Riina vive della sua pittura, pubblicizzando i quadri su internet, dove sottolinea di essere riuscita finalmente a crearsi una vita «normale», grazie anche a un lavoro onesto e dignitoso.

E certamente è difficile smarcarsi del peso enorme del suo cognome che continua a far discutere. Basti pensare al libro intitolato «Riina family life» scritto dal fratello Salvo, che ha l'obbligo di soggiorno a Padova, città da cui lo promuove quale spaccato della storia della sua famiglia. Oppure si pensi alla recente richiesta di scarcerare il capo dei capi perché trascorra l'ultimo periodo della sua vita in casa, vicino ai suoi familiari. Difficile smarcarsi da questo «pesante» cognome non solo per quello che Totò Riina ha rappresentato e, secondo molti, continua a rappresentare all'interno di Cosa Nostra, e per tutti i reati di mafia per cui si trova oggi a scontare gli ergastoli in carcere, ma anche visti i segreti che il padre sembra ancora detenere, malgrado la sua malattia.

Anche quando, intercettato in carcere durante l'ora d'aria, parla dei tanti averi e delle numerose proprietà. Si fatica, dunque, a pensare ai Riina quali nullatenenti o giù di lì. Si fatica a ritenere che abbiano bisogno di un aiutino economico per portare avanti la famiglia. E, ad ogni modo, la domanda non è stata accolta.

VRaf

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