Economia

Nuova mazzata sui contratti a termine. Dal Tesoro una minaccia all'occupazione

Sindacati d'accordo: lo dice pure Draghi. L'ex ministro Sacconi: «Che follia»

Nuova mazzata sui contratti a termine. Dal Tesoro una minaccia all'occupazione

Roma - Lotta al precariato giovanile, il male profondo che mina e indebolisce la crescita, soprattutto italiana, come diagnosticato anche dal governatore europeo Mario Draghi.

Nel «sentiero stretto» di una manovra con pochissime risorse a disposizione, il ministro Padoan da tempo non lesina gli inviti alla cautela ricordando ai colleghi che quel poco che si potrà fare dovrà riguardare il sostegno all'occupazione giovanile. Con due provvedimenti sui quali i tecnici del ministero stanno ancora studiando impatti e costi: la decontribuzione delle assunzioni dei giovani per due-tre anni (con un costo stimato tra uno e due miliardi di euro) e un inasprimento della spesa per i contratti a tempo determinato. Secondo i dati più recenti dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, questi ultimi sono saliti oramai alla ragguardevole quota del 25,9 per cento sul totale. Con un «significativo incremento» non soltanto dei contratti «a somministrazione» (+20,4%), ma soprattutto di quelli «a chiamata» che, in sette mesi, trascinati dalla cancellazione dei voucher del marzo scorso, hanno registrato un autentico boom: + 124,7% rispetto allo stesso periodo 2016, passando dagli 11mila registrati lo scorso anno ai 251mila di quest'anno. In totale, la tendenza generale parla di un +18mila contratti a tempo indeterminato contro un +501mila di quelli a tempo determinato. E se il governo ha in animo di ridurre i contributi previdenziali a carico delle aziende della metà per due-tre anni sui giovani neo-assunti, più controversa sembra la misura che inciderà sul costo di quelli temporanei. I sindacati sono a favore; la leader Cgil, Susanna Camusso, ancora ieri sottolineava come il precariato «metta a rischio le certezze democratiche». La segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, plaude all'ipotesi circolata nel governo. «Stabilizzare il lavoro dei giovani è da sempre il nostro obbiettivo: ben venga dunque l'ipotesi di far costare di più i contratti a tempo determinato per incentivare le assunzioni stabili dei lavoratori con i contratti a tempo indeterminato. Sono anni che la Cisl sostiene che bisogna scoraggiare tutte le varie forme precarie e più flessibili di lavoro, rendendo invece più vantaggioso per le imprese assumere i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato, con i giusti incentivi fiscali e contribuitivi. Questa è la strada giusta sulla quale proseguire, anche per rispondere alle sollecitazioni di Draghi». Il lavoro da offrire ai giovani, ricordava l'altro giorno la presidente della Camera, Laura Boldrini, dovrebbe essere quello «vero... noi uccidiamo i giovani con una precarietà che non basta a vivere». Nettamente contrario, invece, Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato, che ritiene addirittura «folle» l'ipotesi di un «ulteriore incremento del costo indiretto dei contratti a termine». Per Sacconi meglio sarebbe usare la leva dell'articolo 18 e quindi completare «la flessibilità in uscita dei contratti a tempo indeterminato, come sta facendo Macron e ridurre strutturalmente gli oneri riferiti alle prestazioni non previdenziali, in quanto sproporzionati rispetto alle prestazioni». La patologia italiana, conclude l'ex ministro del Lavoro, «non è nel rapporto tra contratti permanenti e contratti a termine ma nei tassi di occupazione cronicamente bassi.

Con un costo del lavoro già elevato ed in presenza delle straordinarie innovazioni tecnologiche, l'ulteriore penalizzazione produrrebbe solo la sostituzione di uomini con macchine».

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