Cronache

La nuova verità dei Ris "Sul Dna di Bossetti impossibili prove certe"

È un punto a favore per la difesa: ora il Riesame non potrà non tenerne conto

La nuova verità dei Ris "Sul Dna di Bossetti impossibili prove certe"

E adesso? Se davvero anche l'unico legame tra la morte di Yara e Giuseppe Bossetti, quelle tracce di Dna presentate all'Italia come prova scientifica, di un crimine orrendo, si dovesse sgretolare, cosa resterebbe nel processo a un uomo trasformato in mostro?

Sono giorni agitatii, nell'inchiesta per la morte di Yara Gambirasio. Un caso che doveva essere già chiuso, nella certezza con cui venne presentato all'opinione pubblica il colpevole, l'artigiano edile Bossetti. Che invece si è complicato, per il semplice fatto che Bossetti non ha confessato, dicendo quello che qualunque innocente avrebbe detto al suo posto: di non sapersi spiegare come il suo dna fosse finito sul corpo della povera ragazza. E adesso i difensori rendono nota la perizia del Ris, il reparto iperscientifico dei carabinieri. Un tomo gigantesco, in alcune parti apparentemente contraddittorio. Che in alcuni passaggi conferma le certezze dell'accusa, ma in altri sembra insinuare il dubbio su altri passaggi cruciali della catena di molecole che tiene imprigionato Bossetti. «Una logica prettamente scientifica, che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara», scrivono i carabinieri.

A traballare sarebbe la piena sovrapponibilità delle tracce biologiche lasciate sugli abiti del corpo riemerso dal campo di Chignolo e quelle prelevate a Bossetti: soprattutto perché viene messa in discussione la validità del campione iniziale, inevitabilmente sciupato dal tempo trascorso tra la morte della fanciulla e il suo ritrovamento. Scrivono i Ris: «Lo studio analitico dei reperti oggetto della presente indagine è stato reso particolarmente difficile dal cattivo stato di conservazione degli stessi e dalla oggettiva complessità dei susseguenti esiti di laboratorio, non sempre ben interpretabili in ragione dell'elevato livello di degradazione biologica delle tracce presenti». E ancora: «L'esposizione prolungata del corpo di Yara alle intemperie ed alle ripetute precipitazioni di carattere piovoso e nevoso ha indubbiamente procurato un dilavamento delle tracce biologiche in origine certamente presenti sui suoi indumenti riducendone enormemente la quantità, compromettendone la conservazione e modificandone morfologia e cromaticità, tutto a svantaggio di una corretta interpretazione» «Purtroppo non è semplice valutare né riprodurre sperimentalmente- con assoluto rigore scientifico - quanto la degradazione del materiale biologico su questi reperti possa aver influenzato 1'attendibilità dei test effettuati».

Certo, sull'altro piatto della bilancia - e a convincere il giudice Ezia Maccora a rifiutare anche dopo la perizia la scarcerazione di Bossetti - c'è la certezza con cui, 21 marcatori su 21, si torna a dire che il liquido negli slip della vittima è quello di Bossetti. Ma nella loro istanza gli avvocati puntano a evidenziare la contraddizione tra i dubbi delle premesse e la nettezza delle conclusioni. Basta, questa contraddizione, a far vacillare il castello? Ieri sera, tra gli inquirenti, si mostra serenità. «21 marcatori su 21 vuol dire una possibilità di errore su miliardi», ricorda uno di loro. Ma, per ogni dubbio della perizia, si annunciano battaglie infinite quando finalmente Bossetti verrà portato in Corte d'assise. Battaglie sul dna, e anche sulle celle telefoniche: che, dice ieri la difesa, raccontano anch'esse una verità diversa da quella dell'accusa.

Quel giorno di novembre, il telefono dell'artigiano non era a Mapello, dicono, ma a Brembate.

 

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