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Nuove sanzioni Usa contro il cerchio di Putin. Colpiti sette oligarchi

Nuove sanzioni Usa contro il cerchio di Putin. Colpiti sette oligarchi

Due giorni dopo aver annunciato un invito alla Casa Bianca per Vladimir Putin, gli Stati Uniti rendono pubblica una decisione che va in senso completamente opposto: una nuova mitragliata di sanzioni contro la Russia, e in particolare contro il mondo degli oligarchi fedeli al leader del Cremlino.

«Il governo russo agisce garantendo benefici sproporzionati a oligarchi e alle elite governative - ha spiegato il segretario al Tesoro Steven Mnuchin - ed è coinvolto in una gamma di attività maligne nel mondo». Tra queste primeggiano i tentativi di «sovvertire le democrazie dell'Occidente» e le cyber-attività ad essi collegate, poi «la continua occupazione della Crimea», la penisola strappata all'Ucraina e annessa alla Russia nel marzo 2014 dopo un controverso referendum, «l'istigazione della violenza nella parte orientale dell'Ucraina», dove Mosca sostiene i separatisti filo russi e due «Repubbliche» da loro fondate, «la fornitura al regime siriano di Bashar al-Assad di attrezzature e armi con cui bombarda la sua popolazione». Un sistema corrotto che secondo Washington vede coinvolti una serie di oligarchi vicini a Putin, che ora la Casa Bianca ha deciso di colpire.

Vi sono tra i personaggi finiti nel mirino degli Stati Uniti una figura ambigua come quella di Oleg Deripaska, che ebbe stretti legami con Paul Manafort, ex direttore della campagna elettorale di Trump, e il genero di Putin Kirill Shamalov, alto dirigente nel settore energetico diventato ricchissimo dopo il matrimonio nel 2013 con la figlia dello «zar» Katherina Tikhonova. E poi Aleksei Miller, direttore del colosso del gas Gazprom, il banchiere Andrei Kostin, Viktor Vekselberg, Vladimir Bogdanov, Andrei Skoch e altri personaggi di primo piano: in totale 7 oligarchi, 12 società di prima grandezza a loro riconducibili e 17 funzionari governativi.

Un colpo molto duro assestato intenzionalmente proprio all'entourage del presidente russo, ma anche a figure istituzionali come il ministro degli Interni Vladimir Kolokoltsev e il direttore dell'Istituto di ricerca strategica Mikhail Fradkov.

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