Economia

Nuovo schiaffo dell'Europa: bocciate 9 banche italiane

Mps e Carige nei guai. Altre sette si salvano in extremis. Meno male che Unicredit e Intesa risultano tra gli istituti migliori dell'Eurozona

Nuovo schiaffo dell'Europa: bocciate 9 banche italiane

Roma - Per dirla con la Banca d'Italia «il sistema del credito in Italia è solido». Gli esami della Bce, però, hanno sicuramente messo in evidenza un'immagine tutt'altro che lusinghiera delle nostre banche e, se non fosse stato, per la paziente opera di divulgazione effettuata da Via Nazionale i riscontri mediatici e comunicativi sarebbero stati ben peggiori.

Ma andiamo con ordine. La «valutazione complessiva» della Banca centrale europea su 130 grandi istituti di credito del Vecchio Continente ha bocciato 25 gruppi creditizi, mettendo in evidenza carenze patrimoniali per 25 miliardi di euro. Poiché l'esercizio (revisione degli attivi patrimoniali unitamente agli stress test) è stato condotto sui bilanci al 31 dicembre 2013, le misure messe in campo nei primi nove mesi del 2014 hanno consentito a 12 di esse di supplire alle mancanze per oltre 15 miliardi. Tra le 13 «rimandate» spiccano le italiane Monte dei Paschi di Siena (2,11 miliardi mancanti, 1,35 miliardi al netto della restituzione dei Monti-bond) e Banca Carige (814 milioni). Banca Popolare di Milano e Banca Popolare di Vicenza, che presentavano leggere carenze patrimoniali, hanno comunque passato il test. La prima, anche grazie alla cessione di una quota in Anima Sgr e alla rimozione di alcuni vincoli patrimoniali da parte di Bankitalia, ha chiuso con un'eccedenza di capitale di oltre 700 milioni. La seconda si è salvata in corner (+30 milioni) con la conversione in capitale di un bond effettuata sabato scorso.

La corsa affannosa a mettersi in regola e la preponderanza italiana nella classifica della mancanza di capitale (oltre 3 miliardi su un totale di 9,5) testimoniano, tuttavia, la sconfitta politica del sistema-Italia nel suo complesso. Innanzitutto, va ricordato che nessuna banca italiana è stata bocciata nell' Asset Quality Review , cioè nella parte dell'esame riguardanti la consistenza dei bilanci e del patrimonio. Nonostante un Pil in calo da cinque anni e un aumento monstre dei crediti in sofferenza, gli istituti di credito italiani sono riusciti a reggere l'onda d'urto. Soprattutto a suon di aumenti.

La bocciatura ha riguardato la fase degli stress test con scenario avverso. In pratica, la Bce ha simulato una crisi economica nel triennio 2014-2016 che in Italia avrebbe determinato un calo cumulato del Pil del 3,2% e un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato al 5,9% dal 2,5% medio attuale con conseguente perdita di valore dei Btp in portafoglio. Le regole dei test prevedevano un computo delle minusvalenze in bilancio molto severo che ha finito con il penalizzare i nostri istituti, soprattutto Mps. «Questi parametri ci sono stati imposti. Almeno si sarebbe potuta evitare la divulgazione come ha fatto la Fed negli Stati Uniti», si mormora in ambienti bancari. Insomma, proprio la Bce guidata dall'italiano Mario Draghi ha messo sul banco degli imputati l'Italia che, agli occhi degli osservatori meno attenti, sarà sembrata una sorta di succursale della Grecia. E, considerato che i test si sono svolti sotto il patrocinio dell'Ue, anche Palazzo Chigi avrebbe potuto fare qualcosa.

Il bicchiere mezzo pieno, come detto, lo ha messo in evidenza la Banca d'Italia con le sue note a margine. «Il risultato è nel complesso rassicurante perché dà l'immagine di un sistema bancario solido, in grado di finanziare l'economia», ha osservato Fabio Panetta, vicedirettore generale di Via Nazionale sottolineando che se «le banche italiane avessero ricevuto 80 miliardi, un terzo degli aiuti di Stato alle tedesche, avrebbero registrato un surplus di 77 miliardi». Un'analisi suffragata dai dati: le due big, Intesa e Unicredit, hanno mostrato un'eccedenza di capitale rispettivamente di 10,9 e 8,7 miliardi (su un totale italiano di 25,5 miliardi), ma soprattutto una resilienza agli stress test superiore alla media europea con una minore incidenza sul patrimonio del 10-15%. Gli ad Federico Ghizzoni per Piazza Gae Aulenti e Carlo Messina per Ca' de Sass hanno così confermato gli obiettivi per il 2014. Un'Italia che funziona e che può camminare da sola. Anche per Mps, in fondo, non servono shock.

«Saremmo estremamente felici di un'eventuale concentrazione, se fosse in grado di rilanciare l'offerta di credito e rafforzare la solidità della banca».

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