Mondo

Obama è il nuovo Gore "Ora salverò il pianeta"

Tra battute sulla moglie e frecciatine a Trump l'ex presidente fa il profeta. A partire dal cibo

Obama è il nuovo Gore "Ora salverò il pianeta"

Scherza sullo spazio diventato improvvisamente piccolo: «Non abito più alla Casa Bianca. E ho litigato con Michelle perchè volevo più spazio nell'armadio». Saluta Matteo che poi sarebbe Renzi, accoccolato in prima fila dopo aver girovagato fra gli stand e saggiato l'inventiva di alcune start-up. Poi si fa serio e comincia a navigare fra i grandi temi. Il cambiamento climatico, il difficile rapporto fra cibo e salute, la lotta contro le malattie e per un mondo migliore. Colonna sonora dei Coldplay, video introduttivo in bilico fra convention e gospel, saluti della giornalista Rula Jebreal, e già tocca a lui. Obama disegna il mondo che ha cercato di disegnare. Com'era il motto della sua presidenza? Yes, we can. Per dirla tutta, non è andata come sembrava potesse andare. Le primavere arabe sono sfiorite, il globo è una polveriera e il Papa parla di Terza guerra mondiale a pezzi. Non solo. Il nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, ha smantellato l'orto bio di Michelle, le diete salutiste e tutto il resto.

Lui se la cava con una battuta: «La gente ha i politici che si merita». Quindi frena: sulla politica energetica e ambientale «l'attuale amministrazione ha idee diverse dalle mie, ma è la democrazia». Strappa qualche sorriso alla platea dei 3 mila arrivati alla Fiera di Rho per ascoltarlo, dopo aver staccato un biglietto da 850 euro. Ci sono dei vuoti fra le poltrone e più d'uno sonnecchia, ma il colpo d'occhio resta portentoso. Si capisce che Obama, come molti ex presidenti è entrato in un altro territorio. Libri, la Fondazione che porta il suo nome, conferenze remuneratissime: qui si sussurra di un cachet sui 400 mila dollari. Una seconda esistenza da statista, chino sui grandi problemi dell'umanità, certo non un parcheggio come capita a tanti presidenti emeriti di casa nostra.

Quasi scontato che accarezzi il mappamondo. E ragioni in modo globale: «Gli Stati Uniti devono dare il buon esempio al mondo intero ed essere leader nella lotta contro il cambiamento climatico». Sono materie complesse quelle che l'ex numero uno degli Usa maneggia con una certa disinvoltura, elencando le cose fatte e le molte ancora da fare.

Ma è quando vira verso il privato, quando in un certo senso rompe il protocollo del professor Obama, che Barack dà il meglio di sè: «Non sono vegetariano, io rispetto i vegetariani ma non lo sono». E ancora: «Mi piace molto stare a casa». E non gli dispiace la nuova vita che gli ha restituito la sua libertà: «Non mi manca l'isolamento di prima, l'apparato di sicurezza, ne ho parlato anche con Matteo» che ascolta sempre in estasi. «Si vive nella bolla, in una prigione, una bella prigione, non puoi muoverti come vorresti. Adesso - concede sfoggiando una buona dose di autoironia - sono recettivo ai selfie che non sono meno peggio». E giù una risata.

Per la verità questa due giorni milanese ha dimostrato che Obama, almeno alle nostre latitudini, è ancora dentro la bolla. Blindatissimo in tutti gli spostamenti del suo tour: lunedì fra il Duomo e l'Ambrosiana, ancora al mattino, al Cenacolo, dove va scortato dal ministro Dario Franceschini su consiglio di Michelle. Dovunque battimani, un'accoglienza da star, ma la folla tenuta a distanza.

All'ora di pranzo il premio Nobel si materializza fra i padiglioni della Fiera di Rho in cui si tiene The Global Food Innovation Summit, il simposio internazionale sulla food innovation ideato da Marco Gualtieri.

Sul palco le domande le fa Sam Kass, che ha lavorato alla Casa Bianca fino al 2014 come chef e come consigliere della politica alimentare del presidente. Sam e Michelle hanno introdotto nuovi stili di vita nella cultura di un Paese appesantito da diete ipercaloriche. Di nuovo Obama svela qualcosa di sè, come fosse al caminetto: «Michelle mi ha picchiato per anni col bastone sula testa finchè non ho smesso di fumare». Poi la elogia: «Lei arrivava al problema come un genitore piuttosto che come una figura politica». Yes, we can. Almeno in famiglia. Per il resto punta sui giovani per combattere le troppe storture: «Voglio aiutare chi ha fra i 20 e i 25 anni a lasciare il suo segno nel mondo. Ne ho parlato anche con Renzi per sostenere le nuove generazioni nel mondo della politica, degli affari, del giornalismo, delle Ong». Poi Obama, ricevuto il sigillo della città dal sindaco Giuseppe Sala, saluta tutti. Ma è un arrivederci: «Io e Michelle torneremo presto».

Il viaggio in Italia, come una favola, non finisce qua.

Commenti