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"Odio YouTube": irruzione armata dell'animalista

Nasim Adhdam, eccentrica videoblogger, era furibonda per la censura subita dai suoi video

"Odio YouTube": irruzione armata dell'animalista

Video ai limiti del ridicolo. Tra addominali e cyclette, pose e balli improbabili, abiti eccentrici e di pessimo gusto. In turco, persiano e in un inglese stentato, sovraccarico di un accento che tradisce le sue origini iraniane. C'è un mix di umorismo nero e serietà nei filmati lasciati in Rete da Nasim Najafi Aghdam, la donna di 39 anni che martedì ha aperto il fuoco nella sede di YouTube a San Bruno, in California, ferendo tre persone, fra cui un uomo in «condizioni critiche» e una donna in «condizioni serie», per poi togliersi la vita. Oltre a performance atletiche, appelli contro le pellicce e l'esibizione di un discreto ego privo del senso del limite, quei video raccontano il movente di una furia omicida che ai tempi di Internet-padrone passa da Internet e arriva a Internet. YouTube era infatti insieme il palcoscenico prediletto e anche l'origine dell'odio e della frustrazione della giovane di origini iraniane. Che si autodefiniva, mettendo in mostra più tic che passioni, una «bodybuilder vegana», «atleta», «artista», «comica», «poetessa», «modella», «cantante», «attrice», «regista» e «produttrice».

Nessun movente amoroso nel suo gesto, come si era pensato nelle prime ore, quando si era creduto che la giovane avesse aperto il fuoco contro il fidanzato. All'origine dell'attacco c'è la convinzione - raccontata proprio nei filmati postati sulla piattaforma di condivisione video più famosa al mondo - che YouTube e Google (il colosso che lo detiene) ce l'avessero con lei perché i suoi video registravano molte visualizzazioni. Una sorta di mania di persecuzione sfociata nella sparatoria. «Vogliono che voi siate i loro schiavi e che non pensiate fuori dalla scatola disegnata per voi. La vostra conoscenza è il loro nemico», spiegava Nasim. Poi la protesta contro la discriminazione e la censura di cui credeva di essere vittima dopo che YouTube aveva limitato la visione dei suoi filmati definiti «inappropriati» e del suo omonimo sito Internet (NasimeSabz.com) e aveva cominciato a pagarla meno. «Le persone come me non sono buone per il grande business. Ecco perché mi discriminano e mi censurano». E spiegava e mostrava arrabbiata come immagini osé, al limite del pornografico, trovassero spazio su YouTube mentre le sue performance atletiche in pantaloncini e per nulla sexy venivano invece censurate insieme ad altri suoi video contro gli abusi sugli animali. Tanto da spingerla citare Hitler: «È più facile ingannare le masse con una fandonia esagerata che con una piccola bugia». Infine la rabbia per la scarsa remunerazione: «Il mio video è stato visto 366.591 volte eppure ho ricevuto dieci centesimi».

Movente confermato dal padre, Ismail Aghdam, che il giorno precedente aveva denunciato la scomparsa della figlia, vista per l'ultima volta dalla polizia a dormire in auto poco prima della sparatoria, a una cinquantina di chilometri dalla filiale di Google e che si era recata a un poligono poco prima dell'attacco. «YouTube aveva messo al bando tutti i suoi contenuti e lei era arrabbiata» ha raccontato. «Li odiava». Di quell'odio segno di questi tempi, che ha origine nel web, passa per il web e approda al web.

Con una sparatoria che non ha nulla di virtuale.

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