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Ok alla prescrizione nel 2020. Ma l'accordo è già in bilico

La Lega: in vigore solo con la riforma penale. Di Maio: sono due leggi diverse. E il grillino apre il caso "Pillon"

Ok alla prescrizione nel 2020. Ma l'accordo è già in bilico

Campa cavallo e tutti felici. Tutti convinti d'averla sfangata, e d'aver raggirato il collega di lotta e di governo. Detto con la ruvida consapevolezza dell'uomo di strada, leggi papà Di Battista (peso politico: zero; incarichi 5S: zero; influenza sul figlio: meno uno): «'Ccà nisciuno è fesso». Per usare l'ugualmente ruvida, ancorché delusa, sensibilità di Piercamillo Davigo, ex Pm ora al Csm: «La prescrizione? Funzionerà da qui all'eternità. Si vedranno gli effetti quando io sarò morto».

Tutto rinviato, come scritto dal Giornale ieri e come apparso chiaro nell'ennesimo cul de sac in cui s'è ficcato il governo in gialloverde. «La riforma della prescrizione entrerà in vigore quando il governo sarà caduto in prescrizione», sintetizza con sagacia l'azzurra Deborah Bergamini. Eppure, prima d'affrontare l'ultima «quadra» pescata da una compagine che fatica a quadrare conti e resoconti, conviene sincronizzare gli orologi. «Ci metteremo un quarto d'ora, io e Di Maio», aveva pronosticato Salvini. Ieri mattina, nel faticoso vertice condotto dall'avvocato del popolo Conte, alla presenza del guardasigilli Bonafede e del guardasigilli-ombra, la leghista Bongiorno, il «tutto risolto» è arrivato «dopo una mezz'ora» (per Salvini), «venti minuti» (per la Bongiorno), «meno di un'ora» (Di Maio e Bonafede). Ancora più complicato sincronizzare il senso tecnico dell'intesa. L'emendamento sul blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio marcerà - a scartamento ridotto (nuove audizioni, nuovi dibattiti, nuovi emendamenti: tutto a partire dal 19 novembre, nei tempi larghi assicurati dalla mediazione del presidente della Camera, Roberto Fico) - all'interno del «dl anticorruzione». Entrerà in vigore a gennaio 2020. E diventerà, questa prescrizione riveduta e corretta, la misteriosa avanguardia di un'«epocale riforma del processo penale» promessa (a parole) dal gaudente Bonafede. Riforma che marcerà in parallelo, con legge delega votata dal Parlamento e scadenza dicembre 2019. «A data certa, entro il prossimo anno, avremo un processo penale che durerà poco, con gli investimenti enormi che stiamo facendo nella giustizia. Un processo breve e dalle spalle larghe» (ancora Bonafede dixit). La riforma con «tempi brevi e certi per i processi» (Salvini) sarà perciò la garanzia di funzionamento della norma sulla prescrizione. Ma chi garantisce che, fatta l'una, si farà anche l'altro? Di Maio proprio no: «Quando sarà approvata la prescrizione - diceva - sarà già legge dello Stato. E si tratta di due leggi separate». Quasi a rimarcare che, fatta la prescrizione, «nostro cavallo di battaglia», magari si troverà l'inganno. «Sarà il tempo stesso a garantire, e il percorso parallelo», sottolineava invece l'avvocato Bongiorno, che sprovveduta non è e aveva puntato tutto sul «collegamento tra prescrizione e durata certa». Autrice materiale del «compromesso», la ministra della Pa insisteva sulla «piena sintonia». Tanto che, di corredo all'accordo, dovrebbero entrare nel nuovo «dl anticorruzione» emendamenti leghisti sul peculato per meglio rassicurare chi (i leghisti Rizzi e Molinari, per esempio) potrebbe temere qualcosa dalle norme in discussione alla Camera. Marciando sempre in parallelo, i galletti grillini annunciavano pure nuovi campi di dissenso, vedi il ddl Pillon sulla famiglia che per Di Maio «non va e sarà modificato».

A garanzia di tutti, per fortuna, restava pur sempre la possibilità di andare presto tutti a casa, a maggio, per rivotare le Politiche «in parallelo» alle Europee. Un governo «prescritto» e rimandato a bomba.

Dopo il primo anno di giudizio.

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