Politica

Oliverio, l'ex comunista fino alla corte di Renzi

È un politico vecchio stampo, uno della Prima Repubblica, un ex del Pci che, nel tempo, ha saputo reinventarsi fino a sposare la causa del Pd e, infine, anche quella di Matteo Renzi

Oliverio, l'ex comunista fino alla corte di Renzi

CATANZARO - È un politico vecchio stampo, uno della Prima Repubblica, un ex del Pci che, nel tempo, ha saputo reinventarsi fino a sposare la causa del Pd e, infine, anche quella di Matteo Renzi. Mario Oliverio, il presidente della Regione Calabria per cui oggi è stato disposto l'obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, è in politica da più di 40 anni. Sempre da una parte, sempre a sinistra. L'apice della sua carriera lo ha raggiunto nel 2014, quando è stato eletto governatore della Calabria con un consenso quasi bulgaro e dopo aver vinto, anche stavolta in modo trionfale, le primarie del Pd che lo opponevano al giovane Gianluca Callipo. Prima di diventare il presidente della Regione, Mario Oliverio detto “U Lupu” era noto negli ambienti politici come uno dei pochi amministratori calabresi a non essere mai stato sfiorato da una indagine giudiziaria. Adesso, le cose stanno diversamente: l'avviso di dimora notificato oggi – che nasce dall'accusa di abuso d'ufficio nell'ambito di alcuni appalti pubblici – si somma infatti ad altre due inchieste che vedono Oliverio tra gli indagati nella sua qualità di governatore. La passione politica del presidente del Pd nasce da giovanissimo, negli anni 70, quando è un giovane militante del Pci calabrese. Nel 1980 arriva la svolta: a soli 26 anni viene eletto per la prima volta in consiglio regionale e, da allora in poi, non rimarrà più senza una poltrona istituzionale.

Nel 1986 diventa assessore della giunta di Francesco Principe. Matura così, in sole due legislature regionali, il diritto al vitalizio. Nel '90 diventa sindaco di San Giovanni in Fiore, il paese natìo in cui ora dovrà scontare l'obbligo di dimora. Due anni dopo il grande salto: diventa deputato della Repubblica, ruolo che non mollerà più fino al 2006. Quattro legislature consecutive che gli permettono di acquisire anche il diritto al vitalizio parlamentare. Nel frattempo, nel 2004, era pure diventato presidente della Provincia di Cosenza, dove resterà per un decennio. E si arriva così al 2014, anno della sua elezione in Regione. Da navigatore esperto della politica, capisce che a Roma il vento è cambiato e, dopo essere stato un bersaniano convinto, passa dalla parte di Renzi. La rottamazione promessa dall'ex premier non arriva, così il già comunista Oliverio può continuare a governare con il pieno appoggio del suo Pd. Partito con il favore dell'opinione pubblica e di un centrosinistra stranamente compatto, Oliverio ha fin da subito mostrato un piglio autoritario che non è andato giù ai suoi alleati dem e alle altre liste satelliti. La decisione di modificare lo statuto della Regione, che ha permesso al presidente di nominare nella sua giunta assessori esterni che non si erano sottoposti al voto popolare, non ha fatto che aggravare questo rapporto e alimentare il malcontento di un centrosinistra che, via via, si è ritrovato sempre più spaccato. Oltre ai problemi con la sua maggioranza e a una luna di miele mai davvero iniziata con i calabresi, Oliverio è – per la prima volta in vita sua – finito al centro di altre due inchieste giudiziarie.

La Procura di Catanzaro, infatti, lo aveva già iscritto nel registro degli indagati – assieme a 5 assessori e due dirigenti – in quanto, nel corso di una seduta di giunta, avrebbe assegnato a un dipendente un nuovo incarico dirigenziale malgrado quest'ultimo fosse stato sospeso dal Tribunale di Catanzaro. Lo scorso agosto, poi, il procuratore capo Nicola Gratteri, l'aggiunto Vincenzo Capomolla e il sostituto Alessandro Prontera, avevano chiesto il rinvio a giudizio del governatore nell'ambito di un troncone dell'inchiesta Calabria Verde, l'agenzia regionale che si occupa di forestazione.

Stamattina la nuova indagine, quella che rischia di dare la mazzata finale alla legislatura regionale.

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