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Operai, pizzaioli, profughi: sono i jihadisti "nostrani"

Ecco chi sono gli arrestati: insospettabili, con profili diversi ma apparentemente integrati

Operai, pizzaioli, profughi: sono i jihadisti "nostrani"

Milano - Hossameldin Antar, 42 anni, cassintegrato residente a Cassano d'Adda (Milano), mente pensante, colui che «instradava» tutti quelli che gli si rivolgevano sul web per raggiungere la terra del Califfato, dando indicazioni concrete, invitando alla pazienza e usando prudentemente decine di account che apriva e chiudeva a proprio piacimento dichiarandosi «un agguerrito sostenitore dello stato del Califfo»; Moustafa Hakim Antar, 36enne, il fratello più giovane, pizzaiolo al «Dado Matto» di Finale Ligure (Savona), certamente con meno tempo da trascorrere su internet, ma, «con una grande inclinazione a pubblicare su Facebook (dove i carabinieri del Ros di Genova hanno individuato almeno 4 profili a lui riconducibili, ndr) immagini e commenti inneggianti le attività di Daesh (Isis)» come scrive nell'ordinanza il sostituto procuratore di Genova Federico Manotti. E infine Tarek Sacher, 34 anni, algerino, al Cie di Torino in attesa che gli venga accordato l'asilo politico richiesto un anno fa, contatta Hossam per ottenere la foto della formula di giuramento di fedeltà al Califfo, una sorta di «processo d'iniziazione che solitamente precede la radicalizzazione e azioni violente» spiegano gli investigatori. I tre uomini fermati ieri mattina dal Ros di Genova, non potrebbero essere più diversi. Visti da fuori, formano una sorta di piramide nella quale Hossam costituisce il vertice, pur senza essersi organizzati in tal senso. A piede libero, probabilmente in Egitto, resta ora per gli investigatori Hosny Mahmoud Leka, amico dei fratelli Hossam e Moustafa e in particolare del loro terzo fratello Mohamed Antar, provvisoriamente in Arabia Saudita, forse anche lui in attesa di raggiungere la Siria.

È infatti con Hossam l'«instradatore», che Leka, dall'Egitto, si vanta di aver evitato particolari controlli aeroportuali passando per la Grecia e non prendendo un volo diretto. «(...) Ho fatto scalo transit in Grecia con la Olympic...Sono stato furbo». E, lamentandosi della situazione politica di Daesh, esclama: «...Guarda anche la Siria, schiacciata dalla Russia e il mondo pensa che la Russia sia la colomba di pace». Hossam, di rimando: «Loro non pensano, loro sanno cosa sta succedendo, ma poiché i morti sono musulmani loro non si preoccupano. E non danno importanza».

Hossam disprezza l'Occidente anche se formalmente ha fatto di tutto per integrarsi. Per conto dello Stato Islamico si dà da fare anche in favore di coloro che vogliono ritornare dalla Siria, facilitandone il rientro in patria dalla Turchia. «Fratello - spiega Hossam, sotto il nome fittizio di Ahmed Swid, a uno straniero che lo contatta in rete per raggiungere la Siria - ti prometto che tra una settimana, quando qui da me dovrebbe ristabilirsi internet, ne parlerò con alcuni dei fratelli, voglio aiutarti nella logistica se riesco».

In un'altra conversazione in chat tra Hossam e un aspirante combattente emerge che anche Mohamed, l'altro fratello egiziano di Hossam e Moustapha, che si trova al momento in Arabia Saudita, avrebbe intenzione di recarsi quale mujahid nei territori di conflitto (Siria). «Perfetto - conclude Hossam - lui anche si sta preparando e vorrebbe un po' di mesi per poter fare del Nafir». Questo termine è emerso per la prima volta nelle conversazioni di queste indagini. Nafir in arabo significa «appello a fare qualcosa- mobilitazione» e in contesti di terrorismo islamista con Nafir ci si riferisce all'appello alla jihad.

«Il termine - come spiega il sostituto procuratore Manotti nelle carte dell'inchiesta - viene utilizzato recentemente in relazione all'appello da parte dello Stato islamico, attualmente in grande difficoltà, ai propri sostenitori a raggiungere i territori in guerra».

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