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Ora Boldrini condanna le donne: "Chi non alza la voce è complice"

La presidente della Camera, Laura Boldrini, interviene sul femminicidio e sui diritti delle donne: "È compito delle donne combattere, chi non alza la voce è complice"

Ora Boldrini condanna le donne: "Chi non alza la voce è complice"

Femminicidio, festa delle donne, bandiere a mezz'asta. Laura Boldrini interviene alla vigilia della festa delle donne, in una intervista alla Stampa. Dopo aver spiegato i motivi della scelta di mettere le bandiere a mezz'asta per le vittime del femminicidio, la presidente della Camera si è soffermata sul tema dei diritti delle donne. E ha lanciato una accusa pesante alle donne che non "combattono" come vorrebbe lei. "È colpa anche delle donne se non si fanno rispettare. Negli uffici spesso la donna sta zitta perché inconsciamente è come se si sentisse già baciata dalla fortuna. C’è una generale carenza di autostima. Eppure quando c’è una selezione le donne arrivano spesso prime, si laureano con i voti più alti. Ma a volte non si fanno rispettare".

Su chi la critica di aver parlato di femminicidio dimenticando gli orfani di questo crimine, abbandonati dallo Stato, risponde: "Anche per dimostrare loro vicinanza domani abbasserò la bandiera. Bisogna prenderli in seria considerazione. Lo Stato li deve ascoltare, il legislatore deve fare qualcosa. Sono pronta a riceverli. Ma sul femminicidio non siamo all’anno zero. Il Parlamento ha approvato la nuova legge con pene più severe, stanziando fondi per i centri antiviolenza". Poi aggiunge: "Le bandiere a mezz'asta sono un simbolo. Siccome da anni stiamo assistendo a una strage di donne è giusto che il lutto sia collettivo".

Ma la colpa delle differenze tra donne e uomini sarebbe, secondo la Boldrini, anche quelle donne che non vestono i panni delle suffragette. "Sulla carta abbiamo ottenuto tanti diritti - dice la Boldrini - ma la sfida è vederli tradotti nella realtà. E aiutare i tre quarti delle donne del mondo che ne sono ancora escluse. Essere suffragette oggi significa questo: mettere in pratica i diritti nel nostro paese e accompagnare nelle loro lotte quelle donne che ancora non possono lavorare, votare, studiare, in alcuni paesi nemmeno guidare un’automobile. Sono comunque le donne a doversi battere senza delegare ad altri. E quelle che non lo fanno si rendono complici, con la scusa del quieto vivere". Lei non lo fece, racconta. Da piccola si rifiutò a soli 7 anni di sparecchiare la tavole. La sua prima rivolta femminista.

La sfida più alta è quella del linguaggio. Finché non useremo parole al femminile per dire avvocato, presidente e ministro, lei non si arrenderà.

Una grande battaglia per il femminsmo.

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