Politica

Ora Maduro manda in carcere gli imprenditori

«Radicalizzare la rivoluzione», dice il presidente. Che nega il referendum per la sua revoca

Paolo Manzo

San Paolo È impagabile la sinistra internazionale che silenzia il dramma del Venezuela mentre cerca di convincere il mondo che in Brasile c'è stato un golpe contro quella santa donna di Rousseff che, piccolo particolare, ha svuotato le casse del Paese del samba facendolo quasi fallire. E così succede che il giorno dopo avere «dichiarato lo stato d'emergenza» per evitare che Caracas «soffra un colpo di stato yankee come quello patito dall'onesta compagna Dilma», ecco che ieri Nicolás Maduro, il presidente più odiato del Venezuela con appena il 25% dei consensi, decide di «radicalizzare la rivoluzione». Come? Semplice, «sbattendo in carcere tutti gli imprenditori, borghesi che hanno chiuso le loro fabbriche per affamare il popolo». Da ieri, dunque, per ordine di Maduro, ogni buon bolivariano «stia pronto col fucile in mano» per difendere «il suolo patrio in ogni evenienza», a cominciare da una «possibile invasione Usa». Inoltre «esercitazioni militari» giornaliere ed «immediata occupazione delle fabbriche inattive per consegnarle al popolo». Peccato che le poche fabbriche rimaste nella disastrata economia rivoluzionaria abbiano dovuto chiudere i battenti negli ultimi mesi perché lo stesso governo Maduro non consente loro di comprare valute estere per importare le materie prime necessarie a produrre. Nessuno all'estero accetta infatti più da tempo il bolivar, la valuta venezuelana, visto che ormai a Caracas sembra di essere nella repubblica di Weimar e l'iperinflazione galoppa. «Materia prima adesso, vogliamo lavorare» hanno gridato inutilmente per settimane le migliaia di funzionari dei quattro impianti di birra della Polar, la principale industria alimentare del Venezuela, che «nelle prossime ore saranno consegnati al popolo». Da capire però, senza malto né luppolo, che se ne farà el pueblo dei 4 birrifici, «forse li trasformeranno in orti comunitari», ironizza un dipendente Polar, «l'ultima moda di Maduro copiata da Cuba».

L'Agitprop internazionale socialista è molto preoccupata per l'impeachment che ha estromesso pro tempore Dilma dalla presidenza visti i tanti business poco chiari in comune per la cronaca i conti segreti di tangenti nello scandalo Petrobras «Piemonte», «Auguri» e «Treviso» qualcosa d'italiano ce l'hanno ma se ne infischia invece del Venezuela, dove la divisione dei poteri da tempo è una chimera e Maduro controlla la giustizia come Mussolini ai tempi del fascismo, fregandosene del Parlamento cui ha persino tagliato la luce per evitare possa lavorare visto che è oppositore e della Costituzione il referendum per mandarlo a casa entro quest'anno i venezuelani possono scordarselo nonostante i due milioni di firme raccolte tra i venezuelani (parola del vicepresidente Aristobulo Isturiz). Il rischio di esplosione sociale cresce ogni giorno che passa, con un'inflazione che nel 2017 arriverà al 2.

200% (Fmi), una povertà che già oggi ha superato il 70% e black-out giornalieri perché, nel paese con più riserve petrolifere al mondo, Maduro non riesce neanche più a tenere accese le lampadine di un pueblo sempre più allo stremo e sempre meno «bolivariano».

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