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Ora il rischio per l'Europa sono gli jihadisti di ritorno

Ora il rischio per l'Europa sono gli jihadisti di ritorno

A desso la grande paura è quella dei reduci della jihad. Gente assai più pericolosa dai lupi solitari perché in grado di utilizzare le armi in maniera professionale, di confezionare esplosivi e di organizzare gli articolati piani d'attacco studiati sui campi di battaglia iracheni e siriani. Ad illustrare la nuova minaccia in un'intervista apparsa solo 72 ore prima dell'attacco ai militari in servizio alla periferia di Parigi è il ministro degli interni francese Gerard Collomb. Secondo il ministro - che cita i dati dei propri servizi di sicurezza - almeno 271 islamisti radicali sono ritornati in Francia dopo aver combattuto con l'Isis sui fronti di Mosul o Raqqa. L'intervista fa il paio con l'allarme diffuso dall'Interpol che a maggio ha diramato una lista con i nomi di 173 terroristi pronti a lasciare l'Iraq e la Siria per colpire in Europa. Il dato più interessante sui 271 terroristi di ritorno francesi è la presenza di ben 54 minorenni. L'alta percentuale di bimbi o ragazzini, spiegabile con i matrimoni di molte volontarie della jihad, è tutt'altro che rassicurante. In molti casi i minorenni sono, infatti, un'incognita doppiamente pericolosa. Mentre per la legislazione europea sono difficilmente incriminabili, e dunque non arrestabili, per la legge del Califfato tutti i ragazzini dai 9 anni in su possono venir addestrati ed esser utilizzati sia come combattenti, sia come attentatori suicidi. Il problema «minori» non riguarda solo la Francia. A febbraio Dick Schoof, coordinatore olandese dell'antiterrorismo, esprimeva estrema preoccupazione per il futuro di 80 ragazzini di origine olandese cresciuti nel Califfato. E faceva intendere come la mancanza di qualsiasi dato sulla loro identità ne renda assai facile l'infiltrazione in Europa. Il problema già complesso per un'Olanda che conta «solo» 350 jihadisti usciti dai propri territori e una sessantina di rientri accertati rischia di rivelarsi assai più serio per la Francia. Stando ai dati del ministro dell'interno i jihadisti usciti dal territorio francese sono 1.900. Almeno qualche centinaio di questi ha trovato la morte nei combattimenti, ma il rischio di ulteriori «rientri» rende ugualmente inquieta una Francia che vanta il poco invidiabile primato di paese europeo con il più alto numero di islamisti e potenziali terroristi.

Già oggi il numero delle fiche S, ovvero dei militanti estremisti sospettati di connivenza con il terrorismo supera ormai quota 15mila. E tra questi sono oltre 4mila quelli in grado di mettere a segno attentati seguiti costantemente dall'Unità di Coordinamento Antiterrorismo. «La minaccia terroristica - ammetteva nell'intervista il ministro Collomb - resta estremamente elevata visto che dall'inizio dell'anno i servizi di sicurezza hanno già sventato sette attentati». Ma se Parigi piange Londra non ha certo nulla di cui rallegrarsi. Già lo scorso maggio l'intelligence inglese dava per certo il rientro di almeno 300 degli 850 jihadisti partiti dal Regno Unito per combattere in Siria ed Iraq. Gran parte di questi militanti, seppur identificati e seguiti, non possono venir arrestati perché per farlo il governo dovrebbe citare in tribunale, rendendole pubbliche, le sue fonti e i propri informatori.

E dunque, considerando che la vigilanza di un singolo soggetto richiede otto uomini per un turno di 24 ore, l'intelligence inglese si trova nella spiacevole situazione di concentrare una parte cospicua dei propri effettivi solo per il controllo dei cosiddetti «jihadisti di ritorno». GMic

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