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Ora si possono pagare le tasse con i lavori socialmente utili

Il ministero dell'Ambiente dà il via libera al «baratto amministrativo»: niente Tari e Tasi per chi cura le aiuole

Ora si possono pagare le tasse con i lavori socialmente utili

Da evasore a lavoratore. Comincia a fiorire l'ipotesi di applicare concretamente il baratto amministrativo, introdotto dal decreto Sblocca Italia nel 2014. In pratica, l'amministrazione offrirà ai cittadini la possibilità di pagare le tasse, o saldare eventuali debiti fiscali, anche con lavori socialmente utili. L'ultima novità arriva dal via libera al baratto amministrativo dato dal comitato per lo sviluppo del verde pubblico del ministero dell'Ambiente, che ha ipotizzato uno «scambio», previa regolamentazione da parte degli enti locali interessati, tra chi è in debito con la fiscalità locale - e magari ha arretrati con Imu, Tari e Tasi - e le stesse amministrazioni. Che potrebbero chiedergli, in cambio dell'abbuono, di sfalciare le erbacce dai giardini comunali, o di rimettere a posto immobili pubblici, o di prendersi in carico la manutenzione di un'area verde.

Qualcuno ci ha già provato. Il Comune di Gela, per esempio. Che nel 2017 aveva presentato la sua proposta di baratto amministrativo, accettando le domande di singoli cittadini o associazioni per poi, all'inizio di quest'anno, stilare una graduatoria per stabilire chi ha potuto compensare le imposte dovute con prestazioni d'opera. Un modulo da otto ore di lavoro, in giardino o a riparare buche, «vale» per il Comune in provincia di Caltanissetta 60 euro. Il sudore del contribuente costa quindi 7,5 euro l'ora all'amministrazione che accetta di «barattarlo» con le imposte. Ma, visto il momento e le difficoltà di tanti, non è detto che il modello non si affermi, come dimostra anche il documento del ministero dell'Ambiente che vede nel baratto amministrativo un valido strumento per poter garantire la manutenzione dei beni pubblici in cambio di una parziale rinuncia del proprio credito tributario. Ci aveva provato, due anni fa, anche il Comune di Milano. Dove il modello era però applicabile solo ai morosi «senza colpa» (che dovevano di mostrare di non aver pagato a causa di un licenziamento, del mancato rinnovo di un contratto, per problemi di salute e via così) e solo per estinguere debiti risalenti a non meno di tre anni prima (la soglia era il 2013) e per un valore minimo di 1.500 euro. Così, dalle parti del capoluogo, anche Bollate ha provato la stessa strada per recuperare anni di imposte non pagate, e nel 2017 ha coinvolto sette cittadini «in sofferenza economica», coinvolgendoli in lavori socialmente utili negli stessi stabili di edilizia popolare che li ospitavano, recuperando così in ore lavoro un valore pari a 20mila euro di imposte non incassate. Un dato che l'amministrazione comunale intende, peraltro, aumentare di almeno quattro volte nell'anno in corso. Il problema, come sempre, è la burocrazia. Sta ai Comuni (e agli altri enti territoriali, che possono ugualmente farne uso) tracciare i confini e le regole per attuare concretamente il baratto. Viene da pensare che in una città come Roma, dove è evidente la latitanza della mano pubblica nella manutenzione di strade, giardini, aree verdi, il baratto potrebbe essere una soluzione. Ad aprile dello scorso anno era stato anche proposto da un coordinamento dei comitati di quartiere all'assessore all'Ambiente del Campidoglio, Pinuccia Montanari. Non se n'è fatto niente.

In fondo, ad agosto 2015, l'allora consigliera e portavoce grillina Virginia Raggi stroncò l'ipotesi: «Deleteria».

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