Economia

Ora sull'Italia torna l'incubo 2011

Sale il rischio che i signori del rating boccino tutti i Paesi "periferici". E Renzi avrebbe un buco da oltre 11 miliardi

Ora sull'Italia torna l'incubo 2011

Roma - Nelle cancellerie di mezz'Europa si sono fissati un termine: martedì o mercoledì. Se per quella data Tsipras non si mostrerà ragionevole nei confronti delle proposte della Commissione europea - avendo già subìto il «si» al referendum di domenica - lo spettro del 2011 tornerà ad affacciarsi sui mercati. Gli scenari prospettati dai negoziatori sotterranei sono da incubo. Yanis Varoufakis è stato sincero quando ha annunciato contatti informali fra Atene, la Commissione Ue ed i diversi Paesi dell'eurozona. Il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem lo ha smentito brutalmente. Ma i contatti ci sono, eccome. E durante le ultime conference call, gli sherpa greci hanno detto chiaro e tondo che, comunque vada il nuovo negoziato, il governo sottoporrà le future intese ad un nuovo referendum. Non solo. È probabile che in Grecia, malgrado le promesse, le banche rimarranno chiuse anche la prossima settimana.

Tanto è bastato per alzare l'asticella di guardia dell'eurozona. Se così dovesse essere, cioè se entro la prossima settimana non si chiuderà l'accordo Commissione-Grecia (e lo si capirà tra martedì e mercoledì dalla piega del negoziato ufficiale), c'è il rischio fondato che le agenzie di rating possano svegliarsi dal torpore innescato dalle forte pressioni esercitate da tutte le cancellerie europee.

In tal caso, sarebbe pronto il declassamento per il debito greco (ovviamente); ma anche per quello italiano, spagnolo, portoghese. E si parla anche di quello francese e perfino di quello tedesco. Verrebbe cioè allo scoperto l'impatto che la crisi greca potrebbe avere sui conti pubblici italiani. E dalle preoccupazioni raccolte a Via Venti Settembre forse la stima di Standard and Poor's di 11 miliardi sarebbe ottimistica. Anche se Maria Cannata, responsabile del debito pubblico, giudica «aggressiva» la stima di S&P.

In realtà, verrebbe allo scoperto l'impossibilità per l'Italia di rispettare gli obbiettivi di finanza pubblica.

Ma, soprattutto, di perseguire una politica economica espansiva: così come chiesto da Renzi a Padoan. Eventuali nuove (e prevedibili) tensioni fra Bruxelles ed Atene spingerebbero la Commissione a mostrarsi più rigorosa con i conti pubblici dei Paesi membri; e non più accomodante, come auspica il premier. E la Legge di Stabilità potrebbe non contenere le ipotesi di alleggerimento fiscale tratteggiate da Padoan.

D'altra parte è evidente che la Grecia avrà bisogno di un ulteriore programma di aiuti subordinato all'accettazione della proposta Juncker.

A Bruxelles danno per certo che dopo una vittoria dei «si» al referendum di domani, Tsipras dovrà allargare la sua maggioranza ai partiti più filo-europeisti, come il Pasok. Ed a quel punto, la Commissione potrebbe anche rimborsare il debito di Atene con il Fondo monetario (1,6 miliardi). Rimettere la Grecia in bonis con l'Fmi. Ed ottenere un altro prestito.

Ma si tratta di uno scenario che, nella sua drammaticità per il popolo greco, viene giudicato positivo in Europa. Ma sul quale nessuno accetta scommesse. L'alternativa è che il governo greco prenda altro tempo nel negoziato che si aprirà lunedì: vuoi con la scusa di formare un nuovo governo (Varoufakis ha detto che si dimette se vincono i “si“); vuoi per fare altre controproposte al pacchetto Juncker; vuoi per sottoporre a nuovo referendum eventuali nuovi compromessi.

A quel punto, il “rischio 2011“ diventerebbe concreto.

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