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"Ora il Sultano guida la guerra a Israele. Vuole essere il capo supremo dell'islam"

L'ex capo dell'ufficio turco al Pentagono, Harold Rhode: "Spinge per la sharia"

"Ora il Sultano guida la guerra a Israele. Vuole essere il capo supremo dell'islam"

Gerusalemme - Membro della Nato, nostro alleato, dove vuole andare il presidente turco Tayyp Erdogan quando dice di Israele che è un Paese di apartheid, che dal 1948 è occupato nella pulizia etnica del popolo palestinese perseguitato, in cui è compreso Hamas, il suo migliore amico, che è uno stato terrorista che commette genocidio? Lo abbiamo chiesto all'ex capo dell'ufficio turco al Pentagono, Harold Rhode, studioso di fama mondiale, suo mentore Bernard Lewis, il maggiore mediorientalista vivente.

Dottor Rhode, perché Erdogan ama caratterizzarsi come il maggior nemico di Israele?

«Il disegno di Erdogan è duplice: da una parte vuole essere il leader supremo del musulmano mondo sunnita, il capo indiscusso, e per questo è indispensabile guidare, come il Soleimano, la guerra vittoriosa per Gerusalemme. Erdogan qui è in competizione con chiunque, compreso Abu Mazen: è lui che deve cacciare gli infedeli alla Grande Moschea, il responsabile della Spianata. Quindi, di fronte al suo mondo è l'avanguardia della battaglia contro Israele, un ruolo prescelto da tempo: come quando intimò a Peres di tacere dicendogli a Davos che era un assassino, quando spalleggiò fino a rompere con Israele la missione della Mavi Marmara».

Anche al costo di mettersi dalla parte di Hamas, un'organizzazione terrorista?

«Per lui Hamas è un'organizzazione islamica che aderisce alla Fratellanza Musulmana, di cui è il leader riconosciuto. Per questo sostenne Morsi in Egitto».

Fino a trattare Naeh, l'ambasciatore israeliano in Turchia, come un delinquente?

«Qui viene l'elemento basilare nella cultura islamica, dove tutto è o umiliazione o onore. Naeh è stato umiliato, Israele è stata umiliata. Come quando è stato ricostruito un accordo fra i due Paesi dopo la Mavi Marmara: in tutta la Turchia sono apparsi cartelli con la faccia di Netanayhu e la scritta Io mi scuso. Umiliato Bibi, umiliata Israele. Così anche adesso. E più tu sei umiliato, più io godo del mio onore».

Veniamo al secondo scopo del disegno di Erdogan...

«In ordine di tempo è il primo, è sempre stato con lui da quando era uno studente. Riportare la Turchia all'islam. Dopo la grande rivoluzione di Kemal Ataturk che portò la Turchia nel versante moderato e occidentale del mondo, la pancia del paese ha sempre seguitato a ruminare un ritorno alle origini. Erdogan se ne è fatto intelligentissimo interprete, parlando all'estero il linguaggio della diplomazia e degli interessi, per esempio quello di aver la Turchia nella Nato, e invece spingendo avanti l'aspirazione del popolo turco alla sharia, alla gloria della Turchia imperiale, al ritorno ai testi, persino il ritorno alla lingua sacra del Corano scritto in arabo».

Ma Erdogan, con tutti i suoi difetti, è rimasto sempre nell'ambito del sistema democratico.

«Sì, è un dittatore democratico, che con l'uso alternato della forza e della legge ha fatto fuori qualsiasi forma di opposizione e anche qualsiasi attendibile leader alternativo. Ora usa la crisi con Israele come usò quello della Mavi Marmara, per prender voti alle prossime elezioni che si terranno fra un mese. Erdogan ha detto quando era sindaco di Istanbul: La Democrazia è come un treno. Quando arrivi alla fermata, scendi. È lui che combatte con tutte le forze i curdi, i giornalisti, i dissidenti, i manifestanti. Ha sempre pronta un'accusa di terrorismo, gioca su parole e concetti e confida sulla difficoltà, anche legata all'immigrazione, che Europa e Usa hanno a rompere con lui».

Quindi non c'è domani? Bernard Lewis ha scritto che la Turchia sarà l'Iran di domani, e l'Iran la Turchia. Che vuol dire?

«Che l'Iran rovescerà il regime, e di nuovo si unirà alla comunità delle nazioni.

La Turchia andrà indietro al suo ruolo di paese dominato dalla sharia a capo del mondo sunnita, contro l'Occidente».

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