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Orfano di Renzi, il Pd è tornato a riempire le piazze

Orfano di Renzi,  il Pd è tornato a riempire le piazze

Roma - La politica italiana regala spettacoli straordinari. Come quello di un partito, il Pd, che ieri è sceso in piazza con la Costituzione in mano. Dirigenti e militanti hanno manifestato a Roma e Milano (dove hanno sventolato anche numerose bandiere dell'Unione europea) in difesa della nostra Grundnorm e del presidente della Repubblica. E pensare che il declino inesorabile del Pd data proprio dalla sconfitta referendaria che schiacciò l'orgoglio del suo segretario quando il 4 dicembre del 2016 chiese agli elettori di votare un netto cambiamento della Carta costituzionale. Oggi Maurizio Martina, segretario reggente, era in piazza SS. Apostoli, luogo caro ai successi dell'Ulivo. La manifestazione, pensata come controcanto del furore grillino nei confronti di Mattarella, finisce per essere oscurata proprio dal giuramento del primo governo giallo-verde. Nella piazza romana oltre Martina, c'erano gli ex ministro Orlando, Minniti, Calenda e la Fedeli. Assente invece Matteo Renzi, all'estero per impegni fino a giovedì prossimo. L'ex segretario ed ex premier non si è potuto quindi godere lo spettacolo di una piazza piena, dove i militanti mugugnavano: «Ci volevano Di Maio e Salvini per farci riempire una piazza». A parte le prese di posizione più scontate («saremo popolari e alternativi ai populisti»), Martina ha sfidato subito Salvini a intervenire su temi concreti come i dazi di Trump e gli operai delle nostre acciaierie che su quei dazi ora rischiano il posto. Insomma non deve soltanto contrapporsi ai populisti di governo ma tenere a bada anche l'opposizione interna che già chiede un cambio di rotta. È il solito Michele Emiliano a lanciare per primo l'appello per un radicale rinnovamento. «Il Pd può ripartire se torna a essere il partito del popolo. Se invece si ostina a essere il partito delle élite e di Confindustria, farà la fine del Partito repubblicano di La Malfa, rispettabilissimo ma con bassi consensi». «Se questo è il piano di Renzi, Calenda, Martina e Gentiloni - aggiunge il governatore della Puglia - ho l'impressione che porteranno all'eutanasia quella che è stata la principale forza della sinistra». Significativo, insomma, che le voci più agguerrite in questo momento siano quelle dei governatori. Anche Enrico Rossi, governatore della Toscana, si lancia contro il nuovo establishment. E, ironia della sorte, inizia subito con il chiedere maggiore autonomia per la sua terra proprio al primo esecutivo con una massiccia presenza di ministri leghisti. «Proporrò - scrive su Twitter - maggiore autonomia della Regione Toscana. Su alcune materie siamo avanti rispetto al resto d'Italia: sanità per tutti, ambiente, tutela del territorio».

Poi c'è la base. Quella silenziosa maggioranza degli iscritti che mugugna e tira dritto e che ieri in piazza SS Apostoli, come in piazza Scala a Milano, si chiedeva: perché a noi ci rinfacciavano l'inciucio mentre questi possono fare un'alleanza di governo tra partiti non alleati alle elezioni?

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