Cronache

"Ovunque ma non da noi". Aquarius in cattive acque

L'imbarcazione con 141 migranti ferma nel Mediterraneo Il governo non arretra. Si fa avanti il porto francese di Sète

"Ovunque ma non da noi". Aquarius in cattive acque

Gli Stati chiudono i porti, i sindaci li offrono. Due mesi dopo la storia si ripete nel Mediterraneo dove Aquarius, nave noleggiata dalla ong Sos Mediterranèe per soccorrere i migranti nelle acque libiche, per la seconda volta aspetta col suo carico di uomini (stavolta i migranti sono 141) di sapere dove sbarcare. Era già successo due mesi fa, quando i ministri dell'Interno e dei Trasporti, Salvini e Toninelli, inaugurarono la linea dura, negando i porti italiani alla nave che alla fine, scortata dalla Orione e dalla Dattilo della Guardia Costiera italiana, trovo accoglienza a Valencia, in Spagna.

Ora, dopo aver raccolto i 141 migranti da due imbarcazioni in difficoltà, ecco che tutto si ripete. Con l'Aquarius che aspetta, tra Malta e Linosa, di capire dove dirigersi, e con Salvini e Toninelli che confermano che l'Italia non è una destinazione possibile.

Il ministro dell'Interno ha detto la sua su Twitter, spiegando per quale equazione quell'imbarcazione deve navigare al largo delle nostre coste. «Nave ong Aquarius con altri 141 immigrati a bordo: proprietà tedesca, noleggiata da Ong francese, equipaggio straniero, in acque maltesi, battente bandiera di Gibilterra. Può andare dove vuole, non in Italia! Stop trafficanti di esseri umani e complici, #portichiusi e #cuoriaperti». E pure Toninelli non ha concesso spiragli: «L'Ong Aquarius è stata coordinata dalla Guardia Costiera libica in area di loro responsabilità. La nave è ora in acque maltesi e batte bandiera Gibilterra. A questo punto il Regno Unito si assuma le sue responsabilità per la salvaguardia dei naufraghi». Insomma, posizioni fermissime, e il suggerimento di far rotta per le Isole Britanniche suona di difficile realizzazione. Ma restando nel Mediterraneo, anche la guardia costiera di Tripoli ha invitato a guardare altrove, come pure il governo maltese che non ha messo a disposizione i porti dell'Isola. La soluzione sembra insomma in alto mare, quando - come due mesi fa - spunta il partito del «sì», incarnato dai sindaci. La vice di Barcellona, Laia Ortiz, che ha la delega ai diritti sociali, propone il porto catalano chiedendo a Madrid il permesso di offrirlo alla Aquarius, ma il governo spagnolo risponde picche, spiegando che la Spagna «non è il porto più sicuro». Dall'Italia, come a giugno, si fanno avanti Luigi de Magistris da Napoli e Leoluca Orlando da Palermo, che ne approfittano per attaccare un governo che - parola di Orlando - è «motivo di vergogna», oltre che portatore di un «cinismo istituzionale senza precedenti», aggiunge de Magistris, offrendosi di andare a prendere i migranti al largo se l'esecutivo dovesse negare l'approdo. Il gioco di sponde porta fino in Francia, dove il direttore del porto di Sète, nel Golfo del Leone, l'ex ministro dei trasporti del governo Jospin, Jean-Claude Gayssot, si dice disponibile ad accogliere l'Aquarius. Ma premette che per farlo gli serve il via libera di Parigi, che già due mesi fa, però, in occasione della prima crisi, negò lo sbarco alla nave della Ong francese.

La politica, intanto, cavalca il caso, ognuno per la sua parte.

C'è chi attacca il governo, come il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, che critica un esecutivo che «contribuisce alla morte, invece che a salvare vite», e chi difende la linea intransigente, come fa Giorgia Meloni, che chiosa: «Se ci fosse una vera Ue la nave sarebbe già stata sequestrata e l'equipaggio rinchiuso in qualche accogliente prigione europea».

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