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Pacchetto sicurezza al Senato La maggioranza perde i pezzi

I democrat Manconi e Tocci non voteranno la fiducia sul decreto. Fi protesta: respinte proposte migliorative

Pacchetto sicurezza al Senato La maggioranza perde i pezzi

Si voterà stamattina alle 11,30 a Palazzo Madama la fiducia sul Dl Migranti, il decreto Minniti-Orlando sulla sicurezza e il contrasto all'immigrazione illegale.

La decisione di porre sul provvedimento la questione di fiducia è stata annunciata ieri dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro. Ma non mancano le polemiche sul contestato decreto, che tra l'altro prevede di aumentare i Cie (che si chiameranno Cpr, centri di permanenza per il rimpatrio) da 4 a 20, uno per regione, e che intende abolire la possibilità di appello per i migranti che si siano visti negare il diritto all'asilo, oltre a snellire la procedura sostituendo l'udienza alla presenza del richiedente asilo con una seduta nella quale il giudice si limiterà a guardare la videoregistrazione del colloquio del migrante di fronte alla commissione territoriale.

Critica la scelta di porre la fiducia Forza Italia, con la senatrice Anna Maria Bernini, vicepresidente vicaria degli azzurri a Palazzo Madama, che parla di «mortificazione del Parlamento» che arriva «dopo aver contingentato i tempi a disposizione dell'esame in commissione e aver rigettato gran parte delle proposte migliorative presentate dai senatori, non solo di opposizione».

Infatti anche all'interno del Partito democratico c'è qualcuno che storce la bocca. «Abbiamo deciso, dopo un'attenta riflessione, di non votare la fiducia», spiegano alla vigilia con una nota congiunta i senatori dem Luigi Manconi e Walter Tocci, secondo i quali il provvedimento «configura per gli stranieri una giustizia minore e un diritto diseguale, se non una sorta di diritto etnico, connotati da significative deroghe alle garanzie processuali comuni, non giustificabili in alcun modo con le esigenze di semplificazione delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale». Tocci e Manconi puntano il dito in particolare contro l'abolizione dell'appello, «ammesso persino per le liti condominiali o per le opposizioni a sanzioni amministrative» e sull'udienza «solitaria» del giudice, con un «contraddittorio talmente affievolito da escludere, salvo casi eccezionali, la partecipazione dell'interessato al giudizio». Niente sì alla fiducia, dunque, perché secondo i due esponenti del Partito democratico il decreto Minniti finirebbe per negare «proprio ai soggetti più vulnerabili» un principio «determinante per il nostro sistema di garanzie e vigente nell'intero ordinamento».

Se Tocci e Manconi, come peraltro altre organizzazioni che si occupano di migranti, tra cui l'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) ritengono che con il nuovo provvedimento la legge non sarebbe più uguale per tutti, il governo invece va avanti per la sua strada. Ricordando che i Cpr saranno diversi dai Centri di identificazione ed espulsione, mentre quanto alla procedura per la richiesta di asilo, dall'esecutivo si fa presente come il testo preveda sezioni specializzate (26 in tutto) che si occuperanno di esaminare le richieste d'asilo e i rimpatri, e che a presiedere queste sezioni vengano chiamati magistrati già esperti nella materia della protezione internazionale.

Come detto, però, buona parte della filiera dell'accoglienza e delle ong che si occupano di immigrazione hanno già bocciato il provvedimento.

Definito «irricevibile» dall'Arci, che accusa il governo di inseguire «le destre», mentre la comunità di Sant'Egidio concede che il decreto al voto oggi al Senato «costituisce la risposta sbagliata a una serie di problemi veri».

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