Cronache

Padoan, Bonci e Pepe: i tre visionari che hanno cambiato la pizza italiana

La guida 2018 del Gambero Rosso dedicata al piatto più amato celebra chi ha inventato forme, lievitazioni e ingredienti nuovi

Padoan, Bonci e Pepe: i tre visionari che hanno cambiato la pizza italiana

Che pizza fa? A rispondere a questa domanda prova ogni anno da qualche anno la guida Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso, la cui edizione 2018 (pagine 384, euro 8,90, acquistabile in edicola, libreria e on line) è stata presentata nei giorni scorsi a Napoli. Città che per il disco di pasta variamente condito che tutto il mondo ama e profana è al contempo Betlemme, Gerusalemme e Roma: il luogo in cui la pizza è nata, si è sviluppata la sua dottrina e ne è tempio.

Epperò ormai in Italia è possibile mangiare pizze eccellenti anche lontani dal Golfo. Cosa risaputa da tempo e che ha smesso di sorprendere anche i più tradizionalisti (pur se a Napoli qualcuno ancora storce la bocca all'idea di una margherita impeccabile realizzata in Veneto). Il punto di svolta della denapoletanizzazione della pizza si colloca, secondo Laura Mantovano, curatrice della guida e autrice dell'introduzione, nell'anno 2000, quando Simone Padoan, un giovane pizzaiolo veronese, apre in quello che allora era il Far West della pizzeria, un locale dal format rivoluzionario, sulle materie prime di alta qualità, sulla lievitazione, sulla forma, sul servizio. Poi arrivano Gabriele Bonci a Roma («Pizzarium», locale mai troppo celebrato a due passi dal Vaticano), quindi Franco Pepe che, in una zona quasi «ortodossa», Caiazzo in provincia di Caserta, inventa la pizza «tailormade», fatta senza miscele, senza impastatrici, con il solo occhio «del padrone» a dettare tempi e modi della lavorazione. Gli ultimi anni sono quelli in cui Napoli si rassegna a non avere più il monopolio della qualità e decide di controbattere, esportando non solo la cultura e il know how, ma le stesse insegne leggendarie. è l'epoca dell'apertura di Sorbillo e Starita a Milano e di Michele a Roma. La pizza diventa globale in una maniera differente rispetto a un tempo: non più un verbo lontano e mal tradotto ma profeti che girano il mondo per avvicinare i seguaci ai misteri di un piatto semplice e implacabile.

La guida edizione 2018 come ogni anno assegna i premi (i «tre spicchi») alle migliori insegne italiane suddividendole in tre catogorie: napoletana, che rispetta la tradizione; italiana, che premia i nuovi modi di concepire la pizza, senza però tradire le origini; e «a degustazione», che si concentra sui locali che esplorano nuovi modi di somministrazione degustazione, in genere proponendo un percorso per tutto il tavolo con più pizze tagliate a fette in modo che ogni commensale possa mangiarne un po'. Tra le pizzerie napoletane, il top è rappresentato da 25 insegne delle quali 14 in Campania: 8 a Napoli (50 Kalò, da Attilio alla Pignasecca, le due sedi della Notizia, Guglielmo Vuolo, Oliva e le due sedi di Sorbillo) e sei in altre città campane tra cui Pepe in Grani del già citato Pepe. Ma ci sono anche tre insegne in Lombardia (La Filiale all'Albereta di Erbusco, Montegrigna By Tric Trac a Legnano ed Enosteria Lipen a Triuggio), cinque in Toscana, vera regione rivelazione del settore ('O Scugnizzo ad Arezzo, Le Follie di Romualdo, Giotto e Santarpia a Firenze e Kambusa a Massarosa), una ciascuno in Piemonte (Perbacco a La Morra), nelle Marche (Mamma Rosa a Ortezzano) e Basilicata (Fandango a Filiano).

Tra le pizzerie all'italiana ci sono undici «tre spicchi», cinque dei quali a Roma (La Gatta Mangiona, Pro Loco Dol, Pro Loco Pinciano , Sforno e Tonda), una in Piemonte (Libery Pizza & Artigianal Beer di Torino), una in Emilia (Piccola Piedigrotta a Reggio Emilia), due in Abruzzo (Giangi's Pizza di Arielli e La Sorgente di Guardiagrele), una in Sicilia ( La Braciera a Palermo) e una in Sardegna (Framento a Cagliari).

Infine 18 pizzerie a degustazione top: quattro in Veneto, tre in Piemonte e Toscana, due in Lombardia (Sirani e Dry di Milano) e Lazio, una in Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Abruzzo e Sicilia. E tra le «pizze al taglio» 10 locali (tre nel Lazio, due in Toscana e Campania, una in Veneto, Calabria e Sardegna).

A ciascuno la sua pizza, ora finalmente si può.

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