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Padoan: "Niente rischio bail in". Ma per le banche venete è stallo

Bruxelles non arretra sulla richiesta di un miliardo in più. Voci (smentite) di dimissioni per l'ad Viola

Padoan: "Niente rischio bail in". Ma per le banche venete è stallo

Tutti contro tutti nella telenovela sul salvataggio statale di Pop Vicenza e Veneto Banca. Il governo non può permettersi di farle fallire soprattutto alla vigilia di possibili elezioni. Ma la Commissione Ue è categorica: ai due istituti di credito veneti serve almeno un miliardo in più (rispetto ai 6,4 miliardi previsti) per compensare le maggiori perdite sui crediti deteriorati che per legge non possono essere coperte con soldi pubblici. I privati - ovvero il fondo Atlante, Intesa e Unicredit - non intendono rimettere mano al portafoglio. E così si torna al punto di partenza, senza soldi e senza una soluzione praticabile.

Mentre il nervosismo aumenta, come dimostrano le voci su possibili dimissioni al vertice della Vicenza: l'ad Fabrizio Viola starebbe meditando di lasciare, è il rumor circolato con forza in serata ma smentito categoricamente dalla banca. Nessuno si presenterà, dunque, dimissionario ai cda straordinari delle due venete che si riuniranno oggi per fare il punto della situazione. Di certo, dopo la fumata nera del vertice di Bruxelles, il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, ha riunito ieri mattina il «comitato di crisi» con i vertici delle due popolari - compreso Viola - al quale avrebbe partecipato anche il vice direttore generale di Bankitalia, Fabio Panetta, membro del Consiglio di Vigilanza della Bce. «Il bail-in è un'ipotesi esclusa», ha detto Padoan al termine del confronto. Aggiungendo poi in una nota ufficiale che «sotto il profilo della liquidità, Popolare di Vicenza e Veneto Banca dispongono di tutte le garanzie pubbliche necessarie», ovvero i 20 miliardi stanziati con il decreto salva-risparmio (16 per le ricapitalizzazioni e 4 per garantire le emissioni di obbligazioni delle banche in difficoltà, compresi i 2,2 miliardi di nuovi bond della Vicenza e 1,4 di Montebelluna). Il governo è, dunque, «impegnato perché la soluzione sia definita in tempi rapidi». Da Bruxelles, nel primo pomeriggio, un portavoce ha detto che «sono in corso colloqui costruttivi». Restano però i fatti. Alle venete servono soldi che nessuno intende al momento mettere. Neppure Atlante che ha già salvato una volta i due istituti, diventandone socio di controllo, spendendo 3,5 miliardi. Gli sono rimasti 1,7 miliardi che servono, però, per lo smaltimento delle sofferenze delle banche in crisi. Ovvero per la missione originaria del fondo capitanato da Alessandro Penati, prima di essere chiamato in trincea a Nordest. Non solo. Atlante deve rispondere ai suoi azionisti che, come ha detto mercoledì l'ad di Intesa, Carlo Messina, non sono disposti a ulteriori sacrifici.

Resta lo schema volontario del fondo interbancario di tutela dei depositi, ma anche in questo caso sarebbero le banche sane a dover pagare il conto con nuovi «oboli». Il salvataggio dei due istituti già include un anticipo di 938 milioni in conto aumento di capitale versato da Atlante e la conversione di circa un miliardo di obbligazioni subordinate.

Ora si teme che la platea dei bond possa estendersi anche ai senior.

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