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Padoan «ostaggio» del premier: sul Bilancio non ha toccato palla

L'ex Ocse scavalcato di nuovo dal Giglio magico

Padoan «ostaggio» del premier: sul Bilancio non ha toccato palla

Roma - «Non crediate che sia sospesa in attesa di indicazioni o telefonate da Bruxelles: si tratta solo di un maggior lavoro di contabilità e di coordinamento per la Ragioneria generale dovuto alla nuova normativa». Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ieri nell'intervista a Repubblica ha cercato di stendere un velo pietoso sulle procedure che stanno caratterizzando il varo della legge di Bilancio 2017 e del connesso decreto fiscale.

Palazzo Chigi, infatti, sta cercando di tradurre le slide in provvedimenti. Che le ciambelle non riescano con il buco lo hanno dimostrato le continue retromarce su voluntary e rottamazione delle cartelle. Al Tesoro, secondo quanto si apprende, i tecnici sarebbero indispettiti per il fatto di essere stati scavalcati per l'ennesima volta dai colleghi al servizio del presidente del Consiglio. Se non si è giunti a una vera e propria rottura (come lo «sciopero bianco» dei tecnici del ministero dello Sviluppo un anno fa che ritardarono la scrittura dei testi per lanciare un segnale a Renzi), è perché si può dire che sul decreto fiscale Via XX Settembre abbia segnato qualche punto a proprio vantaggio. Innanzitutto, i vari «condoni» sono rientrati tutti al suo interno per agevolare l'attività della riscossione che si stava impantanando a causa delle continue voci sulle sanatorie in atto.

La partita, però, è molto complessa e in qualche frangente si ha la sensazione che il leguleio Padoan sia in qualche modo «ostaggio» (in senso figurato, s'intende) di Renzi giacché persino un europeista convinto come lui ha sostenuto su Repubblica che l'Ue rischia di «dissolversi» se continuerà a perseguitare l'Italia per uno 0,1% di deficit/Pil in più. La lettera di richiamo di Bruxelles, però, arriverà oggi sul tavolo del presidente del Consiglio e del ministro del Tesoro. Anche le tirate d'orecchi «virtuali» di Padoan a Renzi sembrano un ricordo. «Il mio rapporto con Padoan è a prova di bomba», ha detto ieri a In mezz'ora il capo del governo.

Il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, intanto promette guerra. «Da domani (oggi; ndr) in Parlamento inizierà un vero e proprio Vietnam», ha dichiarato ieri sottolineando che «dovrebbero alzare la voce la presidente della Camera, Laura Boldrini, e il presidente del Senato, Pietro Grasso» e che «non dovrebbe consentire tali violenze il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella». A tale protesta partecipa anche M5S: il governo, infatti, non ha rispettato il termine di legge del 20 ottobre per l'invio della legge di Bilancio al Parlamento (arriverà forse domani sera) e, allo stesso modo, le opposizioni hanno sgradito l'inserimento di oltre 3 miliardi di coperture tramite condoni nel decreto (subito operativo) anziché nella manovra. Senza contare lo sgarbo istituzionale di un decreto con caratteristiche di necessità e urgenza, presentato alla stampa sabato 15 ottobre e firmato da Mattarella sabato 22 ottobre sebbene recante la data del giorno prima.

Le opposizioni, tuttavia, hanno evitato di interrompere il dialogo con il Quirinale.

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