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Il padre di Renzi in bolletta: deve restituire 263mila euro

La Toscana revoca le garanzie prestate dalla finanziaria regionale alla società del papà del premier. E anche il ministero dell'Economia ora diventa creditore

Il padre di Renzi in bolletta: deve restituire 263mila euro

La Regione Toscana sconfessa il suo cittadino più illustre, il premier Matteo Renzi, denunciandone implicitamente i conflitti di interessi. Il governatore Enrico Rossi ieri ha sostanzialmente confermato l'illiceità delle garanzie prestate dalla finanziaria regionale Fidi Toscana alla Chil srl di Tiziano Renzi, il papà del presidente del Consiglio.

Rispondendo a un'interrogazione del capogruppo di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli (che da anni segue la vicenda con scrupolosa meticolosità), Rossi ha annunciato che Fidi ha chiesto nello scorso maggio la revoca della garanzia gratuita (35mila euro) su un prestito concesso nel 2009 alla Chil. La vicenda è nota perché Tiziano Renzi è stato indagato dalla Procura di Genova con l'ipotesi di bancarotta fraudolenta (a giugno il gip ha respinto la richiesta di archiviazione dei pm e la decisione sarà resa nota a fine settimana, ndr ): nel 2009 la Chil srl ottiene, grazie alla garanzia di Fidi Toscana, un finanziamento da 700mila euro circa dalla Bcc di Pontassieve. Il dirigente incaricato dell'istruttoria è Marco Lotti, padre di Luca, braccio destro di Matteo. L'ok alla pratica viene dato il 14 luglio 2009, il giorno successivo alla nomina di Luca nella segreteria politica dell'allora sindaco di Firenze.

La garanzia di Fidi Toscana copre l'80% del prestito perché, a quella data, l'intero capitale della società era intestato alla madre di Renzi, Laura Bovoli, e alle due sorelle. È un'agevolazione per l'imprenditoria femminile, altrimenti la copertura si sarebbe fermata al 60 per cento. Poco tempo dopo, però, Tiziano Renzi torna azionista di maggioranza in quanto firma la concessione del mutuo come responsabile e nel 2010 cede un ramo d'azienda alla sua nuova società Eventi 6 srl, mentre Chil trasloca a Genova e finisce all'imprenditore ligure Gian Franco Massone con relativo accollo del mutuo. Chil viene dichiarata fallita dal Tribunale di Genova nel marzo 2013 e lì partirono le indagini.

Il residuo del finanziamento rimasto non pagato è di 263mila euro. La Bcc di Pontassieve si rivale su Fidi Toscana che garantiva, come detto, l'80 per cento del totale. Quest'ultima attinge nell'ottobre 2014 al Fondo centrale di garanzia del ministero dello Sviluppo economico (di fatto gestito dal Tesoro, ndr ) che però le restituisce solo il 90% dei 263mila euro, cioè 236mila euro. «In pratica Renzi dovrebbe rivalersi, come capo del governo italiano, in Tribunale contro l'azienda di cui era dirigente. Alla faccia del conflitto d'interesse», ha chiosato Donzelli.

Ora la Regione rivuole indietro tutto. E così ha revocato il contributo gratuito di garanzia insinuandosi al passivo di Chil. Rossi ha riconosciuto che già il trasferimento a Genova avrebbe fatto titolo per la revoca, ma la raccomandata di notifica a Fidi è stata ritrovata con due anni di ritardo, nel 2013 quando già era fallita.

«Se la Regione vuol dimostrare di essere credibile ed intraprendere seriamente il percorso indicato dal governatore Rossi, è necessario che si costituisca parte lesa nei procedimenti sul fallimento della Chil», ha commentato Donzelli sottolineando che «la famiglia Renzi ha indebitamente soffiato 263mila euro di soldi dei cittadini».

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